venerdì, Dicembre 8, 2023
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Angio Zane. Il mestiere del regista

Sul­la col­li­na di Cam­pov­erde, a Salò, c’è un anti­co caseg­gia­to rurale immer­so tra gli olivi dove Angio Zane (1925–2010) ha dimora­to e lavo­ra­to con la sua macchi­na da pre­sa, per lunghi anni. Nel peri­o­do del boom eco­nom­i­co  ital­iano  gli spazi esterni del­la casa sono sta­ti adat­tati a set cin­e­matografi­co per i cor­ti pub­blic­i­tari che tan­ta for­tu­na ebbero in TV, all’in­seg­na di Carosel­lo.

Il 28 set­tem­bre scor­so, sot­to l’egi­da dei Beni Cul­tur­ali, si è cel­e­bra­ta la gior­na­ta euro­pea del pat­ri­mo­nio: è sta­ta l’oc­ca­sione per rivedere questo luo­go magi­co con le cose che cus­todisce. Abbi­amo così riv­is­to le vec­chie attrez­za­ture del mestiere di Angio Zane, reg­ista, e abbi­amo ricorda­to per­sone e situ­azioni che, in ver­ità, non sono mai scom­parse dai nos­tri pen­sieri. Qui c’è una pic­co­la fab­bri­ca dei sog­ni, una sor­ta di  Cin­e­ma Par­adiso in miniatu­ra che doc­u­men­ta come si face­vano i films, e come evolsero le tec­niche di ripresa, dagli obi­et­tivi mec­ca­ni­ci alle video­camere elet­tron­iche. Si può dire che a Salò si sia real­iz­za­ta un’au­t­en­ti­ca bot­te­ga arti­giana del film di cel­lu­loide, che l’azien­da sia sta­ta a preva­lente con­duzione famil­iare, che lo staff di pro­duzione sia sta­to com­pos­to in prevalen­za da ami­ci, otti­mi pro­fes­sion­isti s’in­tende!

Angio Zane ave­va vis­su­to fin da bam­bi­no accan­to al non­no, Giuseppe Fran­zosi, fotografo, nel­la casa-bot­te­ga di Via Cal­sone, e qui ave­va appre­so la tec­ni­ca del­l’in­quad­ratu­ra. Nel 1942, anco­ra stu­dente, man­i­festò la sua pas­sione con una serie di arti­coli di tec­ni­ca cin­e­matografi­ca che ven­nero pub­bli­cati su “La voce cat­toli­ca” di Bres­cia. Ci aiu­ta a ricostru­ire la biografia di Angio il figlio San­dro, fedele cus­tode e intel­li­gente con­ser­va­tore del ric­co pat­ri­mo­nio cul­tur­ale las­ci­a­to dal padre. Così, sen­za alcu­na enfasi, ma con piglio sem­plice San­dro ci rac­con­ta del tem­po di guer­ra, gli anni 1943–45, quan­do il papà scelse di unir­si con le Fiamme Ver­di e riti­rar­si sui mon­ti del­la Valsab­bia. Una scelta tut­t’al­tro che sem­plice a Salò: essere “ribelle” pro­prio nel­la tana del lupo! Fini­ta la guer­ra, dopo aver rin­un­ci­a­to a lavo­rare nel­l’azien­da pater­na, la Cedrin­ca, decise di dar­si al cin­e­ma. Si occupò del­l’in­tero ciclo pro­dut­ti­vo del film, dal­la sceneg­giatu­ra alla ripresa, al mon­tag­gio finale. Tra il 1952 e il 1963 ottenne una serie di incar­ichi dal­la Soci­età Idroelet­tri­ca Sar­ca Mol­veno per doc­u­mentare la costruzione degli impianti di pro­duzione di ener­gia elet­tri­ca. Nel frat­tem­po, pren­den­do spun­to dal film Lassie e dalle Avven­ture di Rin Tin Tin, sper­i­men­tò il filone del film per ragazzi, nei quali tro­vò spazio come attore il gio­vanis­si­mo figlio Alessan­dro. Gli avven­turi­eri del­l’u­ranio e Brigli­adoro parteciper­an­no anche al Fes­ti­val del cin­e­ma di Venezia, sezione ragazzi. Gli anni che van­no dal 1963 al 1972 vedono Angio Zane impeg­na­to nel filone pub­blic­i­tario. Chi non ricor­da la réclame di Negroni (salu­mi) per Carosel­lo, con gli episo­di del­lo scer­if­fo del­la Valle d’ar­gen­to? Ma la pre­sen­za nel­la sce­na pub­blic­i­taria va oltre Carosel­lo. Nacque così Ondas­tu­dios, un pos­to adat­tis­si­mo per girare spot d’og­ni genere. A Salò affluirono allo­ra attori impor­tan­ti: Rai­mon­do Vianel­lo, San­dra Mondai­ni, John­ny Dorel­li, Cesco Baseg­gio. Angio Zane seppe cogliere, nelle fasi cru­ciali, i diver­si momen­ti per crescere e per sper­i­menta­re vie nuove, sia sot­to il pro­fi­lo tec­no­logi­co sia sot­to l’aspet­to del mar­ket­ing. La sua fil­mo­grafia è assai ampia. Non è pos­si­bile darne con­to qui. Quel che è cer­to, è che nel Archiv­io da lui fonda­to si può trovare un ric­co archiv­io di immag­i­ni garde­sane. Lo sport, la cul­tura, la sto­ria recente, le tradizioni con­ta­dine e di mon­tagna, la pesca, il tur­is­mo, la , sono temi nei quali Angio Zane si è cimen­ta­to con grande curiosità e con toc­co leg­gero. Il suo museo non è per niente sac­cente o pedante: incu­rio­sisce e sol­lecita a sco­prire cose che han­no fat­to parte del­la sto­ria del­la comu­ni­cazione. Il cin­e­ma e i suoi lin­guag­gi: questo è il tema cen­trale del Museo salo­di­ano. Stu­den­ti di ogni tipo di scuo­la dovreb­bero fre­quen­tar­lo a frotte. Pri­ma anco­ra dovreb­bero conoscer­lo gli inseg­nan­ti. C’è da sper­ar­lo davvero.

Nelle immag­i­ni: l’uo­mo coi capel­li bianchi è San­dro Zane, figlio del reg­ista Angio, erede e con­tin­u­a­tore del Museo Archiv­io Audio­vi­sivi garde­sani. Poi ci sono le attrez­za­ture del reg­ista: movi­o­la, cinep­rese, fari… negli stu­di di posa. Una sce­na da film (fase di ripresa), il set di un fil­ma­to west­ern, la vec­chia dili­gen­za…

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