Il centro dell’alto lago si conferma il luogo dell’arte per eccellenza della Riviera degli Olivi. In questi ultimi anni il paese a confine con il Trentino si è infatti ritagliato uno spazio di primo piano nell’ambito delle attività culturali e in particolare nell’allestimento di mostre ed esposizioni di grande richiamo.Nella chiesetta di San Rocco ha appena chiuso i battenti la gettonata mostra di fotografie di Luciano Bonacini (Il ramo della bellezza) che l’ex edifico sacro proprio dirimpetto al porto riapre per la prestigiosa mostra di scultura di Giacomo Manzù. L’inaugurazione, domani a partire dalle 11, sarà l’occasione per vedere in esposizione sei sculture del celebre artista bergamasco, scomparso nel gennaio del 1991 all’età di 82 anni, e 30 foto di Aurelio Amendola.Figlio di un ciabattino Manzù, pseudonimo di Manzoni, fu fino ad 11 anni apprendista presso vari artigiani, fra cui un carpentiere e un intagliatore del legno, e in seguito ottenne il diploma in plastica decorativa all’Istituto Fantoni. Durante il servizio militare a Verona, nel 1927 frequentò sporadicamente l’Accademia Cignaroli. Nel 1929 dopo un breve viaggio a Parigi si stabilì a Milano, dove l’architetto Giovanni Muzio gli commissionò la decorazione della cappella dell’Università Cattolica, eseguita tra il 1931 e il 1932. Nel 1932 Manzù prese parte a una mostra collettiva alla Galleria del Milione, ma nonostante il successo preferì ritirarsi nel bergamasco, a Selvino.Alla Triennale di Milano (1933) espose una serie di busti che gli portarono lusinghieri riconoscimenti e insieme al pittore Aligi Sassu si recò a Parigi. L’anno seguente tenne la sua prima grande mostra, insieme a Sassu, alla Galleria della Cometa di Roma. Nel 1939 iniziò la serie di bassorilievi dedicata alle crocifissioni, sino al 1946, che con uno stile classicheggiante e un pathos che si richiamava a Donatello, si serviva dell’iconografia cristiana per simboleggiare la resistenza alle brutalità del regime. Le opere, durante l’esposizione alla Galleria Barbaroux di Milano nel 1942, vennero messe sotto accusa sia dalla Chiesa che dal Governo.Intanto Manzù continuò a guadagnarsi riconoscimenti ufficiali: venne nominato professore di scultura all’Accademia di Brera nel 1940 e il suo nudo di «Francesca Blanc» vinse il Gran premio di scultura alla Quadriennale di Roma del 1942. Trascorse gli anni della guerra a Clusone, sopra Bergamo. Alla Biennale di Venezia del 1948 venne insignito della medaglia d’oro per la sua serie dei «cardinali». Insegnò a Brera fino al 1954 e successivamente all’Accademia estiva di Salisburgo dal 1954 al 1960. Qui incontrò Inge Schabel, che divenne la compagna della sua vita. A Salisburgo eseguì la Porta della Morte per San Pietro, a Roma (dal 1958 al 1964) e una volta portato a termine questo incarico, Manzù si trasferì ad Ardea, fuori Roma, dove lavorò al terzo dei suoi portali, la Porta della Pace e della Guerra, per la chiesa di San Laurenz a Rotterdam.Dopo essersi dedicato per quasi un decennio al bassorilievo ritornò alla figura a tutto tondo e a temi più intimi come «Passi di danza», i «Pattinatori» e gli «Amanti». Ha anche disegnato scenografie e costumi. Manzù ha ottenuto molti riconoscimenti dalle istituzioni artistiche, compreso il titolo di membro onorario della Royal Academy of Arts di Londra. Nel 1979 donò la sua collezione allo Stato italiano e nei successivi anni visse a Londra e lavorò ad Ardea.A Malcesine saranno sei, come detto, le opere di Manzù in esposizione nel centro storico: «Grande cardinale seduto», «Tebe in poltrona», «Il fauno», «Double- face», «Tebe sulla sedia», e il «Grande cardinale in piedi». La mostra rimarrà aperta fino al 10 settembre, tutti i giorni tranne il martedì, dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19.
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Sei sculture di Giacomo Manzù
tra cardinali e Tebe in poltrona