venerdì, Marzo 29, 2024
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Esperti dell’Università di Brescia hanno analizzato gli interventi edilizi fino ad oggi. Pochi accorgimenti. I tecnici: «Negozi e sopralzi hanno indebolito gli edifici storici di Salò»

«Dimenticato» il sisma del 1901

I salodiani hanno dimenticato alla svelta il sisma del 1901. Più che alla sicurezza hanno badato al commercio, e «hanno fatto interventi che hanno indebolito molto gli edifici». Così Gian Paolo Treccani, docente di Restauro architettonico alla facoltà di Ingegneria della Statale bresciana sintetizza i primi risultati di una ricerca ancora in corso sulle riparazioni post-sismiche a Salò, a cui partecipano pure il Politecnico di Milano e le università di Genova e Napoli. La ricerca è partita nel 2002, dunque in tempi non «sospetti». E dopo il terremoto del 24 novembre scorso avrà altri interrogativi a cui rispondere e altri dati da analizzare. «Adesso ci interessa verificare – precisa Treccani – se le linee di tendenza registrate finora trovano un riscontro anche nella diffusione del danno di oggi». Non sarà una cosa rapida. Bisognerà acquisire i dati tecnici sui sopralluoghi effettuati dai comuni in questi giorni e confrontarli con quelli storici. E ci saranno gli inevitabili tempi burocratici a rallentare la risposta. Ma quando verrà, sarà di sicuro interesse. Dirà se gli interventi fatti in passato, in particolare le aperture realizzate al piano terra degli edifici sul lungolago per ricavarne spazi commerciali, e i sopralzi effettuati, abbiano una relazione con i danni provocati dal terremoto scorso. Intanto, «abbiamo analizzato le licenze edilizie dal ’900 ad oggi – dice Treccani -, al momento non siamo ancora in grado di dire con precisione le linee di tendenza seguite, ma abbiamo il sentore che la necessaria attenzione antisismica non c’è stata». Le ricercatrici Chiara Rostagno, Carlotta Coccoli e Barbara Scala hanno spulciato le memorie storiche della sismicità a Salò, e sono risalite al 243-245 d.C. quando il Garda sarebbe stato interessato da un sisma disastroso a cui si attribuisce lo sprofondamento della mitica Benaco. E dopo di allora registrano notizie di altri sessanta terremoti di lieve e media entità. Una sismicità ben nota, insomma, a cui si attribuisce pure il «diffuso fenomeno» delle frane che «non di rado accadono sui monti che sorgono alle spalle di Salò, come scrive Pio Bettoni negli «Annali dell’ufficio centrale meteorologico italiano». E tuttavia le ricercatrici ricavano dalla documentazione d’archivio che la sismicità del luogo «non ha condizionato l’attività edilizia salodiense». E la scarsa considerazione delle sfavorevoli condizioni edilizie non cambia neanche nella seconda metà dell’Ottocento, con la diffusione delle prime norme tecniche da seguire nei territori colpiti da terremoto. La documentazione «non si presta a fraintendimenti – dicono le ricercatrici -, prevalgono le opere tese a modificare il comportamento strutturale delle fabbriche e, in qualche misura, a comprometterlo con la frequente trasformazione delle aperture in facciata (ad esempio, apertura di botteghe al piano terra) e con la realizzazione di sopralzi e sovrastrutture». Ma la cosa sconcertante è che queste pratiche «non subiscono variazioni manifeste in conseguenza degli esiti disastrosi del sisma del 1901». Al riguardo, dal 1954 in poi le tre ricercatrici hanno avuto a disposizione la documentazione della Commissione edilizia istituita per legge. «Il tenore delle pratiche diffuse – dicono – non denota scostamenti significativi dalle condotte ottocentesche. Conserva solo una flebile memoria dell’evento sismico di primo Novecento, e ciò anche nel caso in cui gli interventi edilizi siano operati dai proprietari dei manufatti più gravemente danneggiati». Cosa è stato fatto, dunque, a Salò? Nella storia edilizia salodiense il periodo tra il 1901 e il 1903 risulta «negletto», di stasi apparente, compreso «tra il fragore degli interventi immediatamente successivi all’evento sismico e la tanto agognata approvazione del Piano urbanistico». Tuttavia le ricercatrici notano da un lato che il sisma di un secolo fa ha cambiato l’assetto urbanistico della cittadina. Le mappe del Regno Lombardo-Veneto (1852) attestano la presenza per tutto l’Ottocento di un tessuto urbano compatto sviluppato sull’asse viario parallelo al lago, con edifici che si affacciavano direttamente (o tramite orti e broli) sul golfo. Le carte del Regno d’Italia testimoniano che dopo il terremoto il lungolago viene ridefinito. Gli edifici a lago perdono orti e broli e troneggiano sulla sulla passeggiata. E la conformazione delle planimetrie, una volta sviluppata sull’asse longitudinale, viene «artificiosamente riequilibrata». I lotti edilizi retrostanti, invece, rimangono inalterati. Di «più complessa interpretazione», invece, risulta essere l’insieme degli interventi più recenti, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. Per quegli anni la documentazione offre «solo limitate informazioni sulle pratiche edilizie adottate e sulle caratteristiche metriche e costruttive dei manufatti». In ogni caso, si tratta di documenti molto utili per gettare una luce in più sui danni provocati dall’ultima scossa.

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