Nulla da fare. Nicolus non è riuscito ad individuare sul fondo del Garda l’anfibio affondato con 24 soldati americani il 30 aprile del 1945. Il piccolo robot filoguidato da Daniel Modina, ventitreenne di Maderno, nella notte di mercoledì si è immerso fino a quasi duecento metri di profondità senza trovare e fotografare il Dukw, inghiottito dal lago due giorni prima dalla fine della seconda guerra mondiale. L’anfibio era sprofondato per il vento e le onde del lago, ma soprattutto perché troppo carico, con 25 uomini a bordo, un cannone, mitragliatrici e munizioni: 9475 libbre contro le 5000 tollerate dal mezzo partito, assieme ad altri due Dukw, dal porto di Malcesine per aggirare i tedeschi asserragliati a Torbole, dopo che avevano fatto saltare la galleria della Gardesana orientale nei pressi di Navene. Quella notte solo il caporale Thomas Hough dell’Ohio si salvò, aggrappandosi a un relitto di legno. Oggi l’ex soldato del III battaglione dell’86° Reggimento fanteria di montagna vive in una casa di riposo di Dayton. Troppo malandato per arrivare in Italia insieme alla delegazione americana guidata da Brett Phaneuf, ricercatore della Texas University e coordinatore della ricerca per il recupero delle salme. Le ricerche dell’anfibio domenica scorsa giungono a una svolta: il sonar segnala a una profondità di circa 170 metri, davanti alla spiaggia Sabbioni tra porto San Nicolò e la Baia azzurra, una sagoma metallica rettangolare di 11 metri per tre, esattamente le misure del Dukw. Troppo corto il filo del sonar, solo 100 metri, per poter sciogliere ogni dubbio sull’identità del relitto ed ecco quindi l’intervento di Nicolus, il robot munito di due motori orizzontali e uno verticale, di quattro telecamere, di un braccio meccanico e del sistema Gps satellitare. «Purtroppo quando abbiamo avvicinato il robot subacqueo al punto stabilito ci siamo resi conto che la sagoma identificata dal sonar al largo di Porto San Nicolò era in realtà un picco roccioso che si erge sul fondo del lago da 140 a 153 metri di profondità, una punta di circa 13 metri», spiega Angelo Modina, titolare del robot filoguidato. «La ricerca è stata circoscritta a un raggio d’azione limitato, poiché Nicolus non è dotato di un sonar e negli abissi del lago si muove a tentoni. Semplificando, è stato come cercare un ago nel pagliaio», puntualizza l’emiliano Giovanni Sulla, antiquario militare che tre anni fa interessò l’ambasciata statunitense a Roma sulla vicenda del Dukw affondato. «Siamo stati sfortunati», ha invece commentato il colonnello Jeff Patton, a capo della delegazione americana. «Purtroppo non avevamo le attrezzature tecniche richieste, il cavo del sonar era troppo corto e ci ha impedito di avvicinarci abbastanza agli obiettivi per distinguere i particolari. La scorsa notte abbiamo lavorato in tre riprese di mezz’ora, ma alcuni problemi tecnici ci hanno ostacolato. Contiamo di tornare in primavera perché non vogliamo rinunciare a dare sepoltura ai soldati americani morti».
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Problemi tecnici, nuovo tentativo in primavera. Sonar con il cavo corto, impossibile trovare il mezzo americano sprofondato nel 1945 con 24 soldati a bordo