sabato, Settembre 30, 2023
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La Ferrovia Mantova-Peschiera (F.M.P.) – 1934–1967 — 20ª puntata

Una pic­co­la fer­rovia di provin­cia che non vuol scom­par­ire. Un par­co rota­bili ridot­to all’estremo, con una sola loco­mo­ti­va a vapore fun­zio­nante. Stazioni e casel­li da ricostru­ire, l’ar­ma­men­to dei bina­ri da rin­forzare e ren­dere più sicuro. Casse vuote e nes­sun mate­ri­ale di scor­ta in mag­a­zz­i­no, per­ché ven­du­to dal­la con­ces­sion­ar­ia S.A.E.R. pri­ma di fal­lire. Il tut­to negli anni di una dif­fi­coltosa ricostruzione post­bel­li­ca nazionale, soprat­tut­to fer­roviaria.

A nes­suno però era venu­to in mente di mol­lare e chi­ud­ere. Le gen­ti del­la val­la­ta del Min­cio riv­o­l­e­vano la loro fer­rovia. Le autorità cit­ta­dine e provin­ciali, il Con­sorzio di ges­tione, il per­son­ale tec­ni­co e operaio, tut­ti uni­ti con uno scopo ben pre­ciso: trovare una soluzione per avere nuovi rota­bili e far ripar­tire la Man­to­va-Peschiera, la loro fer­rovia.

Per pri­ma cosa ser­vi­va un pò di denaro, che il Con­sorzio chiese e ottenne, sot­to for­ma di mutuo, dal­la Cas­sa di Risparmio di Verona, Vicen­za e Bel­luno. Il presti­to ammon­ta­va a 60 mil­ioni di Lire, non molto, ma bisog­na­va farse­lo bastare, come scrive­va A. Mura­tori nel suo libro già cita­to. Due i pun­ti su cui era nec­es­sario puntare: 1) ripristi­no del­la lin­ea in armo­nia con le neces­sità di ordine tec­ni­co iner­en­ti alla trasfor­mazione del­la trazione; 2) trasfor­mazione del­la trazione con l’ac­quis­to di due auto­motri­ci o con altri mezzi e rimaneg­gia­men­to del rima­nente mate­ri­ale.

Pen­sare di acquistare auto­motri­ci nuove, con quel­la disponi­bil­ità finanziaria, era impens­abile; sper­are che qualche soci­età fer­roviaria le vendesse di sec­on­da mano, in tem­pi di ricostruzione, altret­tan­to impos­si­bile. Si cer­cò di acquistare dalle Fer­rovie del­lo Sta­to tre auto­motri­ci Bre­da sin­is­trate del tipo ALn 56, da ricostru­ire in pro­prio, ma l’af­fare non andò in por­to, forse per­ché ser­vivano alle FS.

Per uno stra­no gio­co del des­ti­no qual­cuno nel­la stazione di Man­to­va, tra bina­ri divelti e rot­ta­mi di rota­bili di ogni tipo rov­inati dal­la furia dis­trut­trice degli ulti­mi giorni di guer­ra, ave­va get­ta­to lo sguar­do su alcune car­casse di strane auto­motri­ci. Era­no inte­la­ia­ture diverse dalle altre, qua­si impo­nen­ti, dalle forme che si intu­iv­ano essere state dis­eg­nate con mano ele­gante. Pro­prio a Man­to­va, infat­ti, era­no arrivate, negli ulti­mi anni di guer­ra, per finire la loro pri­ma vita fer­roviaria, 3 auto­motri­ci costru­ite dal­l’Ansal­do alla vig­ilia del­la Sec­on­da Guer­ra Mon­di­ale, dotate di motor­iz­zazione con ali­men­tazione a gasogeno. Si trat­ta­va delle ALg 56.401–402-403, costru­ite negli anni 1940–41. ALg sta­va per’Au­to­motri­ci Leg­gere a gas’; 56 era­no i posti a sedere.

Per­ché l’Ansal­do di Gen­o­va, grande e stor­i­ca costrut­trice di rota­bili fer­roviari, avesse scel­to di stu­di­are un tipo di motor­iz­zazione così diver­sa, e uni­ca, nel panora­ma ital­iano, era una con­seguen­za delle sanzioni imposte all’I­talia dal­la Soci­età delle Nazioni per l’in­va­sione del­l’E­tiopia. Le lim­i­tazioni ave­vano riguarda­to anche le for­ni­ture di com­bustibili, tra cui il petro­lio. A par­tire dal­l’au­tun­no 1940 le FS, venen­do a man­care il gaso­lio, era­no sta­ti sospe­si i servizi con le auto­motri­ci su tut­ta la rete. Le uniche auto­motri­ci uti­liz­z­abili era­no quelle trasfor­mate a metano, com­bustibile disponi­bile in Pia­nu­ra Padana. Furono tutte con­cen­trate al Depos­i­to Loco­mo­tive di Man­to­va. Per motivi di razion­al­ità anche le tre Ansal­do a Gasogeno nel 1942 furono trasferite a Man­to­va. Entrarono in servizio a turno sulle stesse trat­te servite dalle ALm 56 fino al 1944.

Prob­a­bil­mente l’Ansal­do, con ques­ta strana motor­iz­zazione, ave­va cer­ca­to di pro­porre un motore fun­zio­nante con un com­bustibile alter­na­ti­vo anco­ra facil­mente reperi­bile in Italia, cioè, il car­bone di leg­na (la clas­si­ca car­bonel­la del­la grigli­a­ta).

Nel gasogeno, due per ogni auto­motrice, si bru­ci­a­va, con com­bus­tione incom­ple­ta, ques­ta car­bonel­la, allo scopo di pro­durre ossi­do di car­bo­nio (monossi­do), uti­liz­z­abile per un motore a com­bus­tione inter­na oppor­tu­na­mente adat­ta­to. Il monossi­do, come noto, è pri­vo di odore, ed è un gas molto peri­coloso e velenoso; per questo i due gaso­geni era­no acces­si­bili solo ester­na­mente. Cias­cuno fun­zion­a­va con cir­ca 300 kg di car­bonel­la e l’au­to­motrice era dota­ta di una scor­ta di altri 600 kg car­i­ca­bili dal­l’al­to.

Inizial­mente queste auto­motri­ci “autarchiche”, sper­i­men­tali, era­no state asseg­nate al DL di Firen­ze, dove ave­va sede il Servizio Mate­ri­ale e Trazione che sovrin­ten­de­va alle prove dei rota­bili per even­tu­ali altre for­ni­ture. Era­no entrate in servizio rego­lare sul col­lega­men­to Firen­ze-Siena-Gros­se­to. La stam­pa di regime, per i buoni risul­tati ottenu­ti nelle corse pro­va, le ave­va sopran­nom­i­nate le “Lit­torine delle tre province”. Sem­pre a Firen­ze era­no state asseg­nate anche altre tre auto­motri­ci Ansal­do, sim­ili esteti­ca­mente alle sorelle a gasogeno, ma con motore diesel di tipo mari­no. Queste ultime ebbero una sorte diver­sa. Accan­to­nate già nel 1940 per man­can­za di com­bustibile, furono pri­vate dei poten­ti motori che ser­vivano alla Regia Mari­na. Ma anch’esse e i loro car­rel­li rien­tr­eran­no in parte nel­la ricostruzione delle auto­motri­ci e dei pic­coli loco­mo­tori per la F.M.P.

A Man­to­va si con­sumò, nel­l’ul­ti­mo anno di guer­ra, l’ap­par­ente fine delle tre auto­motri­ci a gasogeno. Tolte dal servizio, furono dan­neg­giate, ma soprat­tut­to depre­date degli arre­di e di par­ti asporta­bili. Fu una fine appar­ente, appun­to, per­ché, come l’Ara­ba Fenice che risorge dalle pro­prie ceneri, per due di loro si intuì una pos­si­bile rinasci­ta, una specie di res­ur­rezione che diven­terà leggen­daria. Delle tre ALg di Man­to­va, la più malmes­sa, la ALg.56.403, con cas­sa bru­ci­a­ta, venne demoli­ta a cura delle FS nel 1946 pres­so l’O.G.R. (Offic­i­na Gran­di Riparazioni) di Vicen­za. Le altre due, cioè le ALg.56.401–402 furono acquis­tate dal Con­sorzio del­la F.M.P. nel 1948, prati­ca­mente a prez­zo di rot­ta­mi. Sem­pre nel luglio del 1948 fu acquis­ta­ta pure l’ALn.56.4003, ricov­er­a­ta a Figline Val­darno.

Di queste tre auto­motri­ci, costate 5.500.000 lire, prati­ca­mente sen­za motor­iz­zazione, oltre a due casse, saran­no uti­liz­za­ti i car­rel­li. Le Officine Mar­coni di Cur­ta­tone, paese nei pres­si di Man­to­va, dalle due ex Ansal­do a Gasogeno e dai resti del­la 4003 rius­ci­ran­no prodi­giosa­mente a ricom­porre le due stu­pende ammi­raglie del­la Man­to­va-Peschiera, gra­zie alla notev­ole espe­rien­za mat­u­ra­ta nel cam­po delle costruzioni mec­ca­niche e con la super­vi­sione quo­tid­i­ana del diret­tore del­la F.M.P., il man­to­vano ing. Bruno Dal­l’Aglio.

Nel­la pri­ma pun­ta­ta si era fat­to cen­no ai motori mes­si in opera prove­ni­en­ti da car­ri armati amer­i­cani in dis­ar­mo. Per las­ciar un pò di spazio alle immag­i­ni, rac­con­ter­e­mo il tut­to nel­la prossi­ma.

con­tin­ua

Le tre immag­i­ni ritrag­gono una auto­motrice Ansal­do con fun­zion­a­men­to a gasogeno ALg 56 vista di fian­co; Il frontale di una ALn 56 con logo del­l’Ansal­do e fas­cio lit­to­rio; le due “nuove” Ansal­do del­la F.M.P appe­na uscite dalle Officine Mar­coni di Cur­ta­tone, anco­ra sen­za scritte ma con la sola targhet­ta Ansal­do sul frontale, nei nuovi col­ori sociali.

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