sabato, Gennaio 25, 2025
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Il raccolto di quest'anno è andato perso, ma a rischio è la stessa sopravvivenza di centinaia di piante Il vicesindaco Sergio Prandi ha chiesto lo stato di calamità

La siccità minaccia l’olivaia di Arco

Sole e siccità hanno messo in ginocchio gli uliveti del Basso Sarca e mai come quest’anno la raccolta sarà povera. Molti coltivatori anzi non si prenderanno neanche il disturbo di salire sugli scalini: le olive rimaste sulle piante sono talmente rinsecchite, che attorno al nocciolo è rimasta solo la buccia. Per questo Sergio Prandi chiede il riconoscimento della calamità naturale.Ieri dal municipio di Arco sono partite le lettere per l’assessore provinciale all’agricoltura Dario Pallaoro e per i servizi competenti. I danni vegetazionali e produttivi causati dalla mancanza di precipitazioni durante l’estate, afferma il vicesindaco, sono di assoluta rilevanza ed interessano centinaia di ettari. Ormai è assodato che la produzione di quest’anno sia da ritenersi totalmente persa, ma c’è il rischio che le conseguenze della siccità compromettano seriamente anche il raccolto del 2004: se infatti le piante di olivo non riusciranno a germogliare, non potranno neanche fruttificare. Come non bastasse, aggiunge Sergio Prandi, secondo valutazioni agronomiche preliminari si prospetta un’estesa moria di piante. E’ ciò che potrebbe avvenire specialmente se l’autunno sarà piovoso e l’inverno caratterizzato da forti gelate. Un quadro desolante che merita attenzione e sensibilità da parte della Provincia, dalla quale ci si aspetta per l’appunto il riconoscimento dello stato di calamità naturale ed i relativi contributi grazie ai quali i coltivatori potranno coprire in parte i danni colturali diretti, indiretti e indotti e che si riscontreranno quasi certamente in futuro.Con questo però il problema di fondo dell’olivaia arcense, per la maggior parte sprovvista di impianti di irrigazione, non è risolto. «Non saremmo a questo punto – sottolinea Prandi – se non fosse fallito il tentativo di dotare di irrigazione artificiale tutte le campagne della Busa tramite il consorzio di secondo grado, quello costituito nella seconda metà degli anni Novanta e poi disciolto. All’epoca la Provincia si sarebbe sobbarcata il 95% della spesa, stiamata in circa 40 miliardi di lire. Un’opportunità che certo non si ripresenterà mai più. Però dovremo riprovarci, se vogliamo preservare l’olivaia e ciò che essa rappresenta per Arco. Non dobbiamo infatti dimenticarci – conclude il vicesindaco – che non sarebbe solo l’agricoltura locale a rimetterci, ma anche l’ambiente, l’aspetto paesaggistico e quindi il turismo. Pensiamoci: cosa sarebbe Arco senza gli olivi?».

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