C’è chi cerca di nascondere lo scorrere del tempo. Lei invece i suoi sessant’anni li ha portati in piazza. Ha chiesto al sindaco di mettere a disposizione gli operai per trasportare il pianoforte e ha suonato e cantato per amici e turisti. Festeggiando il compleanno e il mezzo secolo di attività sulle scene. Giorgia canta da quando aveva dieci anni. Giorgia Monese, intendiamo, che gli ammiratori, e sono tanti, conoscono col solo nome di battesimo. Senza confonderla con l’altra Giorgia, quella che ha vinto il festival di Sanremo. A Sanremo ci sarebbe potuta andare anche lei, la Giorgia di Garda, agli inizi degli anni Sessanta. Le si erano spalancate le porte del successo: a tagliarle le ali è stata un’eccessiva dose d’ingenua bontà. «Accadde tutto a Barcellona», racconta «al festival del Mediterraneo. Mi applaudì perfino l’orchestra. Mi volevano in Eurovisione, ma il mio discografico mi pregò di rinunciare, lasciando il posto a Jimmy Fontana. Mi convinse che sarei andata a Sanremo, e invece non poi non se ne fece più nulla». L’esordio era stato notevole: terza alla «Sei giorni della canzone» nel ’61, alla pari con Sergio Endrigo. «Giorgia in pantaloni» urlavano i titoli dei giornali: «Andavo sul palco in pantaloni e faceva quasi scandalo» ricorda. Vestita di nero: «Era il periodo dell’esistenzialismo». Giorgia Monese Cantava «Lady peccato», canzone con parole di Luciano Beretta, autore anche per Celentano. Le foto la ritraggono alla Terrazza Martini di Milano in compagnia di Gino Paoli. Su «Grand Hotel», il popolare settimanale rosa, compariva con Mina. «Mina veniva a sentirmi a Campione d’Italia: ero al Piccolo Club, uno dei primi whiski a go-go italiani». In questi anni Giorgia abitava a Milano. «Stavo da mio zio, Jan Langosz, il compositore». Dal capoluogo lombardo si spostava a suonare in mezza Italia. Aveva un complesso: si chiamava Giorgia e i suoi ventenni. Erano in cinque: lei voce e piano, suo fratello Giorgio alla chitarra, poi c’erano vibrafono, batteria e basso. Ma sfumato il sogno festivaliero, Giorgia decise di tornare sul lago: «Bisognava guadagnare qualche lira». Così cominciò a esibirsi a Verona. E poi c’era la Taverna, la mitica Taverna musicale della piazza del porto di Garda, gestita dalla sua famiglia. Da lì passava il bel mondo in vacanza sul lago. E di quel mondo Giorgia divenne una regina. «Facevo i classici americani, qualcosa di francese, le melodie napoletane, Mina»: il repertorio che l’ha accompagnata per tutta la vita. E chiusa l’esperienza della Taverna, ecco la nascita del Taitù, un minuscolo locale aperto dal marito in centro del paese. E di nuovo una sciame d’ammiratori. Se le chiedi le passioni musicali, Giorgia comincia con Edith Piaf, cui è molto vicina nel calore dell’esecuzione, nell’impostazione della voce. Le piace soprattutto «Hjhmn a l’amour» e non c’è concerto che non apra con «Non, je ne regrette rien». Poi un’altra grande voce femminile: Amalia Rodriguez. «Amo il fado, soprattutto quello cantato da Amalia, ma adesso mi piace anche Dulce Pontes». Terzo Frank Sinatra: «L’ho sempre adorato». Poi gli immortali standard di Cole Porter. Le canzoni più suonate? Oltre a quelle della Piaf, «Night and day», «Over the rainbow», «E se domani» e «Testarda io», firmata da Roberto Carlos. Ma ci sono altri brani in cui s’immedesima. Un amico le ha regalato un cd con la registrazione di un concerto registrato in gran segreto una sera al piano bar: Ascoltarla cantare «La nevicata del ’56», portata al successo da Mia Martini, mette i brividi. E adesso? «Adesso canto di tanto in tanto», dice modestamente. Intanto però ha fatto l’ambasciatrice del lago alla tv francese, per Antenne 3. Ha condotto la troupe nelle più belle ville del lago, raccontandole al pubblico transalpino: dai conti Guarienti a San Virgilio, dai conti degli Albertini a Garda, dalla contessa Bernini a Lazise. Il servizio s’è chiuso a Garda, all’Osteria dei Platani, al Borgo. Giorgia ha cantato «Gioiello d’Italy», parole di Luciano Beretta, musica di Jan Langosz. L’accompagnavano con le chitarre i fratelli Giorgio e Gabrio. Famiglia d’artisti.
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Mezzo secolo di canzoni. Avrebbe potuto essere una star internazionale, ha scelto di restare sul lago ed è entrata nel mito del Garda All’esordio vestiva di nero e andava sul palco in pantaloni: fece quasi scandalo