mercoledì, Maggio 1, 2024
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Dopo l’apertura dell’assessore regionale Valdegamberi, Legambiente rilancia un’idea vecchia di vent’anni. Bertucco: «Formula vincente per proteggere economia e natura»

Parco del Baldo, qualcosa si muove

«Da anni noi ambientalisti diciamo che è necessario istituire il Parco del Baldo per tutelare il territorio montano, rilanciare l’economia, valorizzare i prodotti e le tradizioni locali, per portarvi anche quei turisti che, sempre più numerosi, cercano un’ alternativa alla proposta del lago di Garda, un bacino vicinissimo, che è quindi una ricchezza da sfruttare», commenta Michele Bertucco, presidente provinciale di Legambiente. Bertucco aggiunge: «Per il Baldo, come per quasi tutte le aree montane del nostro Paese, è fallito il modello economico tradizionale fondato sull’ agricoltura industrializzata, che non ha impedito l’esodo dalla montagna e l’abbandono delle malghe». Ma ci sarebbero nuove strade: «Occorre dare forza a un tipo di agricoltura che possa garantire reddito a chi vi si dedica, ciò è fondamentale perché una montagna non coltivata rischia danni ambientali enormi, con ripercussioni gravi anche sul turismo». Il presidente di Legambiente precisa: «È un turismo che, tra l’altro, vista la crescente espansione edilizia in quota, non può più essere pensato come sviluppo degli sport invernali». In merito alla proposta di Stefano Valdegamberi, assessore regionale ai Rapporti con gli enti locali, parchi, aree protette, demanio, patrimonio e personale, Bertucco approva: «Finalmente un politico che non ha più paura di pronunciare la parola Parco, si potrebbe iniziare un dibattito costruttivo». Poi commenta: «A proposito delle zone del Baldo che i cacciatori chiamano “bandite” e sono le oasi faunistiche demaniali protette, Lastoni, Selva Pezzi e Gardesana Orientale, è proprio qui che il parco andrebbe istituito. Non sono densamente abitate e chi ci vive si troverebbe in una zona valorizzata, perché il parco tiene conto delle esigenze dell’uomo che vi risiede». «Scorrerà molto sangue prima che questo parco si crei», tuona ironicamente Tiziano Turcato, presidente del Distretto venatorio di Ferrara di Monte Baldo, in occasione della inaugurazione della Ottava Mostra sui trofei degli ungulati tenutasi a luglio: «Si può tenere conto delle esigenze dei cacciatori», ribatte a distanza Bertucco, «ma non controllare o limitare la nascita di un parco solo perché una piccola parte della popolazione non lo vuole». Secondo Legambiente il parco è indispensabile per rendere tra loro coerenti i vari aspetti dell’economia locale tutelando l’ambiente, «che è straordinario, noto per la varietà dei fiori, unico per gli elevati valori di biodiversità, e perché la compresenza di lago di Garda e montagne oltre i duemila metri favorisce la diversificazione di habitat e della vegetazione di zona in zona». Il treno per il parco del Baldo fu già perso una volta: «Da più di vent’anni se ne discute», ricorda Bertucco, «nel 1975 una legge di iniziativa popolare e quelle presentate dal gruppo Verde facevano seguito all’originaria proposta della Regione Veneto, dello stesso anno, di istituire proprio sul Baldo e sul Cansiglio le prime aree protette. Poi, tra il 1980 il 1984, le leggi regionali sui parchi sono state insabbiate ed è stata congelata qualsiasi iniziativa che puntasse a tutelare questo comprensorio montano, che è il più importante della provincia di Verona ed è esteso nel Trentino, dove esistono riserve naturali». Il parco dovrebbe tutelare l’intera catena baldense, essere esteso dall’Adige al lago di Garda con diversi livelli di protezione e fasce di pre-parco, tenendo conto sia dei comuni veronesi, cioè Brentino Belluno, Ferrara di Monte Baldo, Caprino, Rivoli, Costermano, Garda, Torri del Benaco, San Zeno di Montagna, Brenzone e Malcesine, sia di quelli trentini, cioè Mori, Nago-Torbole, Brentonico, Avio. Poi Bertucco aggiunge: «Intanto, mentre sono nati i primi parchi del Veneto, non sono venuti meno i pericoli per l’integrità del Monte Baldo, integrità che oggi può essere garantita solo con una nuova proposta di area protetta. Proposta condivisa dalla Regione già dal 1992, dal momento che nel Piano territoriale regionale di coordinamento allora approvato si indicava l’istituzione di 13 nuovi parchi o riserve. Purtroppo fino ad oggi nessuna di queste aree protette è stata istituita». Una strada percorribile, ma solo a patto di coinvolgere enti locali, associazioni ambientaliste, forze economiche e sociali, attraverso una pianificazione che tenda a proteggere in modo dinamico le risorse, associando alle misure di regolazione e controllo quelle di incentivazione, promozione e investimento. L’agricoltura dovrà avere un posto di riguardo, come le forme di turismo sostenibile.

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