Nel Regno Unito, a causa dell’incertezza riguardo all’accesso al mercato unico, sono a rischio il fatturato (miliardi di euro) e il posto di lavoro di migliaia di addetti. La decisione di lasciare l’Unione Europea ha generato un’intensa preoccupazione tra gli operatori del settore, che già guardano ad altre eventuali sedi alternative alla fin qui appetibile Gran Bretagna, vista come luogo perfetto per investire e come sede per le imprese di i-Gaming, come fulcro internazionale del commercio e del libero movimento attraverso i Paesi dell’Unione Europea.
L’incertezza è tutta su Gibilterra, sette chilometri di paradiso fiscale per l’industria dell’azzardo, origine di licenze inglesi che, qui rilasciate, valgono per lavorare nello spazio comune. Sulla Rocca incombe la richiesta di co-sovranità da parte della Spagna, nonostante il 96% della popolazione abbia votato per il Remain: se questa venisse concessa al paese iberico, sorgerebbe il problema degli addetti delle aziende di gaming, che si troverebbero a dover varcare una frontiera che la Spagna ha espresso l’intenzione di chiudere.
Per continuare a operare dal Regno Unito, le aziende internazionali di gioco online che vi hanno sede dovranno con ogni probabilità aprire delle filiali in uno degli stati membri, il che implicherebbe entrare con una formula concordata o aderire allo Spazio economico europeo (che comprende tra gli altri Norvegia e Islanda). Per quanto concerne la legge italiana sull’“adeguamento degli obblighi comunitari” – ricordiamo che l’Italia impone una regolamentazione rigorosa del gioco d’azzardo. L’AAMS (Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato) prevede che “gli operatori di giochi online e titolari di una licenza siano società con sede nello Spazio economico europeo (SEE) e che le infrastrutture tecniche hardware e software, dedicate alle attività oggetto della licenza appartengano ad un paese dello SEE.” In Italia fin dal 2011 i casinò online con licenza AAMS, come Casino.com sono stati regolarizzati, in modo da favorire il gioco legale.
Una buona alternativa alle difficoltà generate da una maggiore limitazione di movimento, norme e fatturazione potrebbe essere Malta, che dalla Brexit potrebbe trarre vantaggio consolidando la sua posizione – forte dell’autonomia risolutamente voluta dal governo, che secondo le dichiarazioni del premier Joseph Muscat non proporrà il referendum sull’uscita dall’Europa ma neanche accetterà imposizioni da Bruxelles. Dall’offerta di gioco Malta potrebbe spostarsi sempre più verso l’offerta di servizi. Secondo i dati del 2015, presentati dalla Maltese Gaming Authority, il fatturato complessivo è stato di 60,9 milioni di euro, a fronte dei 58,4 milioni del 2014, tra gioco online e gioco di terra. Nonostante la perdita dei suoi due mercati principali, Gran Bretagna e Italia, si è verificato un aumento del numero delle licenze, originato da un miglioramento e snellimento delle procedure di assegnazione e dal consolidamento delle infrastrutture dell’Information and Communications Technology. Tutto questo, unito all’indebolimento di Gibilterra, uno dei suoi maggiori competitors, garantisce a Malta un futuro di possibili ottime opportunità: l’alternativa alla Brexit?
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