martedì, Settembre 17, 2024
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Si moltiplicano le iniziative per finanziare il ricovero della bambina malata

Tutti ad aiutare Camilla. È miracolo di solidarietà

Almeno sessanta volontari, nel prossimo fine settimana, si metteranno al lavoro alla Spiaggia d’Oro per la grande festa dedicata a Camilla, la bambina desenzanese affetta da una rara sindrome che richiede costose cure in America, nell’unica clinica del mondo attrezzata per guarire questa malattia, a Fort Lauderdale.Per due giornate, sotto il tendone da 500 posti «prestato» dagli Alpini di Campagna di Lonato, i volontari dell’associazione «Amici di Camilla» arrostiranno salamine, spineranno birra, eccetera: tutto il ricavato servirà per pagare le cure, negli Stati Uniti, dove purtroppo, come è noto, le cure sanitarie si pagano molto care.Ne parla con franchezza lo zio della bambina, Andrea Iannaccone: «I soldi necessari sono tanti: per avere la speranza di una guarigione, la terapia potrebbe durare fino a tre anni, al costo di 18mila dollari al mese più i viaggi. il soggiorno, la necessità di lasciare il lavoro per la mamma di Camilla, e, forse, anche da parte del suo papà, mio fratello Luca. Abbiamo fatto un calcolo realistico, e il risultato è che potrebbero volerci 900mila dollari».Per il momento si è già raccolta la bella cifra di 190 mila euro, tutto documentato con trasparenza sul sito www.aiutacamilla.it, che riporta anche i movimenti del conto corrente.Con la festa della setimana prossima alla Spiaggia d’oro si può dare un altro bel «colpetto» alla raccolta di fondi.Del resto la festa è solto una delle tante, bellissime manifestazioni di solidarietà in favore di questa famigliola. Da mesi a Desenzano non c’è un bar, non c’è un negozio dove non si trovi il manifesto che racconta la storia di CamillaÈ una storia che commuove, che spinge a non lasciare soli il papà e la mamma. Stanno lottando con coraggio per la loro bambina, e possono riuscire in un’impresa che sembrava impossibile.«È bellissimo vedere l’impegno di tante persone – dice lo zio Andrea – e comincio a pensare che possiamo farcela. Abbiamo parlato con diversi genitori, italiani e stranieri, che hanno portato i loro bambini malati nello stesso ospedale, per curare la stessa sindrome: nella maggior parte dei casi ha funzionato. Può funzionare anche per Camilla».

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