giovedì, Marzo 28, 2024
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Continua il viaggio di Bresciaoggi fra i personaggi illustri che a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento hanno eletto il Benaco a loro rifugio

Otto Hartlebencon Salò nel cuore

È ricordato a Salò solo con una lapide fatta murare da privati su quella che fu la sua casa in via Cure del Lino. Eppure Otto Enrich Hartleben (Clausthal-Zellerfeld 1864 – Salò 1905) è ancora oggi un poeta e drammaturgo tedesco assai ricordato: basta cliccare il suo nome in Internet per scoprire come la sua opera sia ancora oggi ben presente.Hartleben, spirito libero nella vita e in letteratura, fu interprete della alcionica fusione di libero pensiero e di piacere. Conobbe il suo primo grande successo teatrale con Angele, conquistandosi la fama di autore cinico e frivolo, specchio di un'esistenza alternata, dal 1896, fra la moglie Selma Hesse, figlia di un ramaio, e il suo primo amore, la «kebsweib» (concubina) Ellen Birr, un legame a tre interpretato non come tradimento di affetti ma come libertà spirituale.I numerosi successi letterari e l'importante eredità ricevuta alla morte del nonno gli consentirono, dal 1895, di viaggiare fra discese verso l'Italia, alla ricerca del brivido di luce del Sud, e risalite al Nord. La vita dissipata, la birra e il , gli provocarono il primo crollo fisico nel 1900 a Vienna, dopo il successo teatrale del suo tragico Lunedì di . Alla fine del 1901 giunse a Salò con la moglie Selma. Rimase subito incantato dal sole, dall'aria morbida, dalle rose, dalle palme e dal persistere dei colori autunnali nell'inverno ormai imminente. Ottimi rimedi per i suoi problemi fisici e morali furono le lunghe passeggiate fra Salò e Gardone. E all'amante Ellen scrisse: «vorrei guarire e per questo la luce solare del Garda è sicuramente più indicata della pioggia sulla Potsdamerstrasse di Berlino».Venne informato che, a pochi passi dall'Hotel Salò, dove alloggiava, era stata posta in vendita una villa in Via Cure del Lino e decise di acquistarla. «È un caseggiato imponente – scrisse – a quattro piani sulla strada da Salò verso Gardone con giardino. Sul muro che costeggia il lago le onde s'infrangono furiosamente. Ma per lo più le acque sono docili e di colore blu, molto blu, blu prussiano si potrebbe dire».Divenne Villa Halkyone (Villa Alcione), un nome, un programma di vita. Più che con la moglie, tornata a Berlino, pensò di abitarla con l'amante Ellen. E finalmente, nell'autunno del 1902, Hartleben realizzò il sogno di vivere nella nuova dimora, iniziando la trasformazione del giardino, diventato in breve tempo un luogo di delizie con le aiole fiorite, le piante di alloro, il verde del prato.Aprì la dimora agli amici che giunsero da lontano: al poeta Max Halbe (1805-1944), scrittore di temperamento naturalista, all'editore Samuel Fischer (1859-1934) e ad altri personaggi. Rese tutti partecipi dell'Accademia alcionica delle scienze inusitate che volle fondare all'insegna della «gaia scienza». Fece incidere i nomi dei soci su panchine di marmo – purtroppo scomparse – collocate sotto un cespuglio d'alloro lungo il muro a lago.L'Accademia rimase attiva sino al 1968, ben oltre la morte di Hartleben (avvenuta nel 1905), ed è rinata a Salò nell'agosto del 2001 per iniziativa di Annamaria Salvo de Paoli Ambrosi al fine di mantenere viva la «la figura artistica del poeta tedesco attraverso il significato delle sue opere». Un letterato come Hartleben, che tanto amò Salò e il Garda, ben meriterebbe anche un pubblico ricordo.

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