giovedì, Maggio 2, 2024
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Da Sirmione a Verona, premio all’ex internato e artista

AGOSTINO ALBERTI: «Impossibile dimenticare»

Uno dei pochi sopravvisuti ai lager nazisti, l’artista e scrittore Agostino Barbieri, 92 anni nel prossimo mese di marzo, sarà premiato domani al palazzo della Gran Guardia di Verona per i suoi trascorsi di capo-partigiano durante la guerra di Liberazione. Ma Barbieri, nativo di Isola della Scala (Verona) e abitante a Sirmione da oltre un decennio, è personaggio ancora più noto come artista e scrittore, autore di molte pubblicazioni e ricerche. E proprio di una ricerca sugli artisti tedeschi che si opposero strenuamente alla nascita del nazismo, Barbieri parlerà nella sala della Biblioteca Comunale di Sirmione dopodomani sabato alle 17. Introdotto da Michele Nocera, assessore alla cultura di Sirmione, l’ex deportato nel lager di Mauthausen rievocherà la vita degli sfortunati protagonisti di un’arte figurativa che condannò, prima di ogni altra, l’ondata di barbarie nazista che stava abbattendosi sull’Europa. Barbieri si è fatto quindi interprete di questo doloroso appello degli artisti scrivendo anche un libro, “L’urlo di Munch” (Vannini Editrice). Nella pubblicazione, copia della quale verrà distribuita gratuitamente ai presenti alla riunione di sabato, l’autore passa in rassegna le opere dei pittori di Dix, Pankok, fino ad arrivare agli artisti italiani antifascisti come Carlo Levi, Renato Guttuso, Birolli, Manzù, Mario Mafai ed altri. Agostino Barbieri è stato partigiano subito dopo l’8 settembre con i resistenti di Isola della Scala nel raggruppamento «Lupo», inserito nel movimento armato di liberazione. Barbieri, col nome di battaglia «Fuoco», assunse il comando militare del battaglione «Lupo» e la responsabilità del servizio informazioni nella zona sud pianura. Poi l’arresto il 22 novembre 1944 e la deportazione nel lager di Mauthausen il successivo 13 dicembre. Alla vigilia dell’incontro pubblico di Sirmione, Barbieri ci ha lasciato questo ulteriore messaggio: «La giornata della memoria non è che un solo giorno nel corso di un anno, ma per chi ha sofferto la deportazione è sofferenza di tutti i giorni, di tutte le ore e di ogni secondo perché è impossibile dimenticare com’era un campo di sterminio. Come non è possibile non ricordare – continua l’artista – i lunghi strazianti lamenti di chi stava esalando l’ultimo respiro, le fievoli voci invocanti aiuto, un aiuto che nessuno poteva dare perché nel lager anche la pietà era morta, lo sguardo assente dei bambini separati dai genitori mentre invocavano il loro nome, piccoli esseri vaganti nel nulla che cercavano di accostarsi ai grandi in cerca di affetto e di calore umano e che, invece, trovavano solo il freddo della morte e lo strazio della disperazione».

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