sabato, Settembre 21, 2024
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Le conclusioni di tre giorni di dibattito a Nago

Forti: pagina di storia da vendere al turismo

Dopo i contributi su aspetti specifici, l’ultima delle tre giornate che il Museo civico ha dedicato ai forti austroungarici dell’Alto Garda ha affrontato l’interrogativo «Che farne?», il problema fondamentale. Primo dato: le fortificazioni in genere sono magnificamente conservate anche perchè, dopo i recuperanti dell’immediato dopoguerra che li hanno spogliati di tutto il ferro vendibile, nessuno li ha più frequentati (a parte, come ricorda una poesia di Luciano Baroni, intraprendenti giovanotti che, con la scusa della visita, cercavano di strappare un bacio alla fanciulla dei sogni). Secondo dato: le fortificazioni rappresentano un patrimonio spendibile sul fronte turistico, per arricchire un’offerta che trova schiere sempre più nutrite di appassionati, o solo di curiosi. Gli esempi si sprecano: Auronzo, Monfalcone, Carso, Slovenia con l’alto Isonzo, Monte Croce Carnico, la linea Maginot, la Bretagna sono nomi scivolati dagli altanti della storia, dove significavano morte, malattie, fame, tutto l’orribile armamentario della guerra, ai depliant delle proposte che le agenzie turistiche sottopongono alle famiglie. Cortina – la perla delle Dolomiti, un luogo famoso nel mondo – vende alle scolaresche pacchetti con la visita al Lagazuoi ed alle Cinque Torri (intervento di recupero miliardario, pagato anche da privati operatori: aspetto incredibile per l’imprenditorialità trentina, ricca e micragnosa). Dunque il tesoro c’è, autentico: dunque bisogna scoprirlo. E a questo punto entrano in scena i politici, locali e provinciali, sfilati nella tavola rotonda conclusiva. Malossini e Parolari, Marco Benedetti e Claudio Molinari, devono sapere (è il messaggio conclusivo) che i soldi ci vogliono, ma non bastano. I forti in Trentino sono 73: assurdo pensare di recuperarli tutti; come assurdo sarebbe un intervento per tutti quelli che dal Ponale, passando per il Tombio, arrivano a Nago. Ed allora si parte da uno studio preliminare sulle caratteristiche di ciascun forte (sono tutti differenti, più o meno importanti anche sotto il profilo storico), in rapporto al territorio in cui sono inseriti e che dovevano controllare. Il censimento non deve limitarsi alla descrizione dell’immobile e dei lavori necessari per un ripristino, ma considerare l’utilizzo che se ne vuole fare: da sede di iniziative culturali (come il forte superiore di Nago che ha ospitato la manifestazione) a «museo di se stsso» come sarebbe la tagliata del Ponale, senza scartare usi più prosaici (deposito antiincvendio in quota, punto di ristoro) o l’abbandono. Fatte le scelte, allora si può passare agli interventi, mirati e calibrati, senza dimenticare gli oneri di gestione che continuderanno a pesare, anno dopo anno, sui bilanci.

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