sabato, Aprile 27, 2024
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Storia intrecciata alla leggenda della dimora che dominava Manerba

Il cavaliere Leutelmonte fu signore della Valtenesi

Il sito della Rocca di Manerba, abitato fin dalla preistoria, nel medioevo divenne il castello in cui dimorò un personaggio storico le cui gesta si intrecciano alla leggenda, il cavaliere Leutelmonte da Esine. Ad Esine la chiesa bresciana aveva concesso un beneficio al nobile Berardo, che aveva già perso i primi due figli in battaglia. Gli restava solo Guglielmo, innamorato di Emma, la figlia del valvassino Grimoaldo, feudatario del nobile cavaliere Isnardo Federici. Il figlio di questi, Azzone, nominato commissario regio della Valcamonica dall’imperatore Enrico IV, s’invaghì di Emma. Scoperto che Grimoaldo era membro segreto della lega guidata da Matilde di Canossa, ostile all’Impero, minacciava di sottrargli il feudo. Ciò spaventò Emma, al punto che acconsentì alle nozze con Azzone, nonostante nutrisse una relazione segreta con Guglielmo. Informato da una spia, il novello sposo si trasferì allora con Emma a Sirmione. Dubitava di essere il vero padre della creatura che ella gli confessò di portare in grembo, essendo torturato dal pensiero che ella non l’aveva sposato per amore, ma per paura. Emma, vedendo il figlio ripudiato, lo diede a Guglielmo, giunto in barca dal lago. Ma questi, deciso ad arruolarsi nell’esercito imperiale, affidò il piccolo al mercante veneziano Vernier. In Germania Guglielmo prese il nome di Leutelmonte, e divenne tanto celebre, per il suo coraggio, da poter assumere il comando di un reggimento durante la discesa di Enrico IV in Italia. Non essendo riuscito a ritrovare l’amata Emma, uccise in duello Azzone. Al cospetto dell’imperatore chiese l’investitura di un feudo, ma gli fu negata. Leutelmo, armato di una pesante spada dall’elsa gotica, si diresse quindi verso Brescia, mettendosi a capo di una banda ed impossessandosi con la forza di alcune terre. Infine «pose l’agguerrito suo nido» sulla Rocca di Manerba. Furono ricostruite le cadenti mura longobarde, già messe a dura prova dai Franchi di Carlomagno. Rattristato per la perdita di Emma e del figlio, Leutelmo godeva la fama di essere «uomo valoroso, ma di rotti costumi», astuto e superbo, a capo di una banda di assassini. Pare che però, col tempo, affermandosi come signore della Valtenesi, si diffondesse un giudizio più lusinghiero: fu ritenuto nobile e virtuoso, benvoluto dal popolo per generosità e senso della giustizia. Intanto a Brescia le sorelle Calveria e Guercina, della nobile famiglia Federici, assetate di potere, armate e travestite da uomini, avevano ucciso il padre e un fratello di uno dei due mariti. Ardiccio degli Aimoni ed il suo genero Berardo Maggi, «capitano del popolo», impedivano alle due sorelle di conquistare il governo consolare della città. Allora quelle fuggirono sulla Rocca per chiedere aiuto a Leutelmo, e da lui lo ebbero. Il vice capo degli armati bresciani era il misterioso crociato Vaifro. Liberato da Berardo Maggi, Vaifro si mise alla ricerca del padre, ma in Valcamonica non sapevano dove fosse. S’innamorò di Gisella, figlia di Calveria, la quale però, desiderosa di Vaifro e divorata dalla gelosia, la fece rinchiudere nel convento a Mazzano; la superiora era Emma, che era stata obbligata a prendere i voti da Azzone. Intanto Leutelmonte combatteva contro l’armata bresciana ed otteneva la vittoria nella battaglia di Puegnago del 1109. Sfidato Vaifro in duello, lo vinse e lo fece prigioniero; ma durante una conversazione riconobbe il figlio di Emma. Si affrettò quindi ad affrancare Gisella dal convento prima che emettesse i voti e rivide commosso l’amata Emma; ma ella era ormai consacrata a Dio. Il prode cavaliere Leutelmonte morì in guerra contro Brescia.

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