domenica, Gennaio 19, 2025
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L'assemblea dei 500 ragazzi del Floriani termometro della «sensibilità» giovanile

Immigrazione e tolleranza: parlano gli studenti

Integrazione, tolleranza razziale, xenofobia. Questioni di stringente attualità, come dimostrano le cronache di queste ultime settimane, problematiche che sempre più stanno caratterizzando la nostra società e che si prestano ad essere sviscerate in dibattiti e conferenze. Sull’argomento ha lavorato ieri mattina, in sala 1000 del Palacongressi di Riva, un’affollata assemblea di studenti.Quelli dell’ istituto rivano “Giacomo Floriani”, che per trattare delle molteplici problematiche legate all’immigrazione, hanno voluto confrontarsi con «gli addetti ai lavori». Un momento di sensibilizzazione ma anche di dialogo aperto al quale abbiamo deciso di prendere parte per tastare il polso alla situazione, per capire, soprattutto, come la pensano le generazioni più giovani.Entriamo nella sala “1000” poco prima dell’inizio del dibattito, quando i ragazzi, all’incirca 500, hanno appena finito di assistere alla visione di “Est è est”, un film suggestivo, e per certi versi anche divertente, che tratta dei problemi d’ordinaria quotidianità di una famiglia pakistana nel grigiore della compassata Inghilterra. Al tavolo degli esperti sono seduti i due professori Sergio Ragnolini e Romano Turrini, in mezzo a loro il direttore dell’Atas Massimo Giordani e immediatamente dopo le autorità della Polizia, ossia l’ispettore superiore Walter Chemolli e l’ispettrice Daniela Bartoli del commissariato di Riva. Al professore Turrini il compito di rompere il ghiaccio, con la cronistoria dell’emigrazione trentina dal dopoguerra ad oggi. La platea però si scalda quando dalla sua bocca esce il monito: «dobbiamo sconfiggere il pregiudizio, ossia smettere di giudicare senza conoscere». Dopo di lui interviene Massimo Giordani, il direttore dell’associazione di prima accoglienza degli extracomunitari, che spiega come l’immigrazione sia un fatto oramai ineluttabile perché «la popolazione trentina è paragonabile ad un albero che ha le generazioni più giovani come fusto assai stretto e quelle più vecchie come folta chioma». Alla fine delle esposizioni la parola passa ai ragazzi, chiamati ad ad esprimere le proprie opinioni, e curiosità, attraverso domande e commenti scritti su fogli di carta e direttamente letti dagli esperti. Il quadro che ne emerge, ascoltando gli svariati interrogativi degli studenti, è di una presa di coscienza generale del problema, in tutte le sue sfaccettature, dalla criminalità alla questione religiosa («è giusto che l’Italia paghi la realizzazione delle loro moschee?»), a quella dell’occupazione e della clandestinità. L’impressione però è che vi sia ancora molto da lavorare, anche sui giovani, affinché parole come integrazione e tolleranza non costituiscano più un’emergenza. Alla fine uno studente esorta tutti a fare maggiore sensibilizzazione in modo da combattere «il razzismo, brutta moda tra i giovani». Come non dargli torto sentendo l’ultima domanda: «invece di dare i soldi agli stranieri li si deve dare ai terremotati dell’Umbria?».

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