venerdì, Maggio 3, 2024
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Una passione per i motori. Sergio Caldogno ha 63 anni, da 40 ripara e collauda imbarcazioni in riva al lago

L’Archimede delle barche

Alcuni lo chiamano il mito dei laghi, altri lo hanno battezzato «Archimede» dell’acqua, il suo vero nome è Sergio Caldogno, ha 63 anni ed esercita da oltre 40 primavere una professione singolare: il motorista nautico, ovvero il meccanico delle barche. Personaggio schivo e riservato, dall’invidiabile esperienza professionale, esercita tutt’ora un’attività rara e molto ricercata. Fin da giovanissimo iniziò a lavorare sui motori nautici della Johnson alla Motomar di Milano, trasferendosi poi con la stessa azienda nella sede di Peschiera. Era il 1964: dopo una breve parentesi nel reparto nautico della Bmw, decise di mettersi in proprio con una piccola officina dedicata alle sole imbarcazioni. In questo opificio della nautica, affacciato a Peschiera sul lungolago Garibaldi, fra eliche, timoni e basamenti di motore, si sono consumati episodi di estrema curiosità. La prime avventure risalgono all’inizio degli anni ’60, periodo nel quale la motonautica da competizione conobbe un suo grande fasto; nasceva in quel tempo uno dei grandi armatori sportivi italiani: Tullio Abate. «Erano bei tempi», attacca Caldogno, «lo spirito corsaiolo si poteva sfogare senza limiti. Per Abate condussi alcuni test sperimentali su scafi da corsa, utilizzando nientemeno che il fiume Mincio come pista di prova. Con un suo potente catamarano da gara, ho sfrecciato a oltre 150 km/h nella tratta Salionze-Peschiera, fra la rabbia dei pescatori. Ero come un missile che volava sul pelo dell’acqua. Grazie a questo collaudo, il catamarano salì sul podio della mitica 6 ore all’idroscalo di Milano. Il motorista Arilicense fu anche scafista per i vip. «Monsignor Albino Luciani era all’epoca patriarca di Venezia. Di lì a pochi mesi sarebbe diventato pontefice a Roma con il nome di Giovanni Paolo I. In occasione di una visita sul lago gli venne offerta la possibilità di una gita e io venni incaricato di condurre il natante, cosa che feci con grande gioia. Di lui ho il ricordo di una persona semplice, gentile e con una infinita bontà d’animo». «Anche Fabio Testi, concittadino di Peschiera e possessore della Marola, antica imbarcazione benacense, veniva spesso in officina per richiedere il mio intervento». La piccola officina è stata visitata anche da dirigenti di importanti multinazionali, di loro Caldogno preferisce non parlare. «Mi appello alla legge sulla privacy», afferma divertito, «visto che spesso e volentieri questi manager di prestigio erano accompagnati da avvenenti… chiamiamole segretarie». Fra gli episodi storici anche un memorabile smacco ai vip della Sardegna, coloro, per intenderci, che usualmente frequentano i locali alla «Billionaire» di Flavio Briatore. «Un potente scafo della Costa Smeralda non riusciva ad avviarsi per misteriosi problemi meccanici al propulsore», racconta Caldogno, «nulla erano valsi i ripetuti e costosi interventi dei vari specialisti locali che si erano dovuti arrendere di fronte all’inspiegabile guasto. Qualcuno dei presenti che mi conosceva citò la mia passione per i motori: in men che non si dica venni chiamato dal proprietario della barca in panne. Per giungere sulla spiaggia d’oltremare mi organizzarono l’aereo, un taxi e un lussuoso albergo pagati dal committente. Arrivai all’ormeggio sardo, scesi sotto-coperta e mi barricai nella più totale concentrazione. Gli esperti meccanici del luogo avevano ormai smontato e rimontato più volte il propulsore. In realtà avevano tralasciato di controllare un microscopico filtro da tremila lire che si era semplicemente sporcato, bloccando il flusso della benzina. È bastata una soffiata, qualche giro di cacciavite, pochi minuti e il rombo del 6 cilindri echeggiò sul lungomare, scatenando un entusiastico applauso generale. Con un grande imbarazzo pesonale, i maghi della meccanica nautica d’élite, rimediarono una figura assai magra». Fra i clienti del meccanico di Peschiera, si annotano anche coloro che rimangono in panne al largo della costa e chiamano aiuto con il cellulare. «È proprio così», prosegue Caldogno, «a volte mi scambiano per una sorta di servizio Aci. Non ultima una famiglia tedesca, rimasta vittima di uno starter elettronico: il motore non ne voleva sapere di ripartire. Via telefono gli ho suggerito pochi ma precisi consigli che sono bastati per far ripartire il congegno». Fra gli amici di Caldogno anche i piloti Nato impegnati nelle missioni aeree della Guerra nei Balcani. «Posso dire di aver quasi collaborato con la Nato», scherza Caldogno, «in particolare un ufficiale olandese al quale ho riparato l’imbarcazione. Lo stesso pilota, oltre al conto mi ha omaggiato con delle introvabili foto autografate, raffiguranti i caccia F-16 in configurazione da combattimento. Il presidente dell’Aeronautica di Peschiera Enzo Monico è quasi svenuto dopo aver visto questi rarissimi souvenir dell’aria». Nel piccolo opificio di Peschiera accaddero anche episodi all’apparenza seri ma che si risolsero in risata. «Mi ricordo», spiega il meccanico, «di un’improvvisa scomparsa del motore fuoribordo dalla barca in riparazione. Il fatto lasciava pensare a un furto. Per fortuna nulla di tutto ciò: l’aiutante meccanico, dopo aver smontato il propulsore, era scivolato in acqua motore compreso, sparendo dalla vista di tutti. Una scena fantozziana conclusasi fortunatamente senza danni fisici». Anche Caldogno rimase però vittima delle sue stesse creature. «È proprio vero», racconta ancora, «rimasi beffato nel corso di un trasferimento notturno sul Garda da un motore che rimase improvvisamente muto. Essendo il guasto irreparabile e non esistendo all’epoca la telefonia cellulare, dovetti dormire all’addiaccio e attendere le luci del giorno, per fortuna era estate». A conclusione di questa carrellata un invito. «Mi rivolgo ai giovani», conclude Caldogno, «e li invito a intraprendere questa professione ricercata e ricca di soddisfazioni, con necessità di mercato che non trovano adeguate risposte. Il motorista nautico al giorno d’oggi non rimarrebbe mai senza lavoro». Peccato che tra pochi giorni l’artigiano del Garda dovrà chiudere: la sua palazzina sarà destinata a foresteria turistica. Gli amici e i numerosissimi clienti insistono affinché possa continuare nella sua preziosa opera di assistenza. «A 63 anni non me la sento di costruire una nuova officina, potrei al massimo continuare a lavoricchiare, sempre se trovassi una piccola stanza in riva al lago per riporre gli attrezzi. Se qualcuno ha delle idee si faccia avanti».

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