venerdì, Aprile 19, 2024
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Il Municipio avalla una proposta lanciata dal Centro di rilevazione ambientale. I canneti residui e gli alberi saranno sottoposti a tutela

Punta Grò: futuro da riserva

Si parla da anni della necessità di tutelare i pochi angoli veramente naturali rimasti lungo la sponda bresciana del Garda, e a desso, a Punta Grò potrebbe nascere una grande area protetta, il primo parco naturale di Sirmione con una superfice di quasi 28 mila metri quadri. La proposta arriva dal Centro di rilevamento ambientale di Punta Staffalo, ed è stata accolta dall’amministrazione comunale. Tanto che nei giorni scorsi, il sindaco Maurizio Ferrari ha dato disposizioni per organizzare un’assemblea allargata ai pescatori professionisti, ai barcaioli, alle associazioni ambientaliste e agli amministratori per presentare l’intero progetto. La data fissata è quella dell’11 aprile, e l’appuntamento sarà nella sala consiliare del Comune a partire dalle 17. L’idea di Punta Grò come area protetta, spiegano i tecnici del Cra (Bertini, Martone, Zilioli e Fila), nasce da alcune considerazioni essenziali: l’area riassume in piccolo gli elementi più rappresentativi dell’ecosistema lacustre costiero; il luogo è sempre stato un riferimento per la pesca, e si trova in una posizione tranquilla, ai margini delle attività turistiche. Ma quali sono, in sintesi, gli obiettivi del progetto? Innanzitutto la valorizzazione di un’area attualmente in stato di parziale degrado; la possibilità di estendere il suolo pubblico a verde, sia per i residenti sia per i turisti, creando uno stretto legame con la spiaggia vicina. Quindi creare un riferimento per la pesca e per le associazioni ambientaliste, dando anche vita a un campo scuola per le associazioni protezioniste. Infine si vuole creare un nuovo punto di attrazione turistica. La zona di Punta Grò, per chi non lo sapesse, si trova sul confine comunale di Sirmione, che separa anche la provincie di Brescia e la Lombardia dal Veronese e dal Veneto. E conserva un importante patrimonio faunistico e botanico. I lati Est e Ovest sono ricchi di canneti: complessivamente circa 13 mila metri quadrati separati dalla riva da canali di deflusso. Qui trovano rifugio e l’habitat riproduttivo non poche specie di uccelli legati all’acqua, anfibi e pesci: una piccola oasi in un territorio costiero fortemente antropizzato. Per una fascia di circa 30 metri dalla riva si trovano arbusti, rovi, salici e grossi pioppi. Un ambiente ancora interessante, insomma, sul quale pesa sempre l’incognita di una sciagurata colata di cemento o di una eccessiva presenza umana. Il fondale antistante la punta, ciottoloso e sabbioso, si presenta meno profondo di quello circostante e, durante il periodo estivo si trasforma in una vera secca con pochi centimetri d’acqua, che ricorda molto l’ambiente dell’Isola dei Conigli di Manerba. Inoltre esiste un edificio che risale al 1840, da ristrutturare completamente per poter ospitare tesimonianze etnografiche della zona, con oggetti, attrezzi, fotografie, scritti e reperti archeologici. Altri interventi, secondo il progetto steso da Eugenio Zilioli e dai suoi colleghi del Centro di rilevamento, sarebbero indirizzati al recupero della flora originaria e alla messa a dimora di nuovi alberi.

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