I Volontari del Garda hanno riportato in superficie un’imbarcazione affondata in agosto, che si trovava alla profondità di 180 metri! Un record, dato che nessuno era mai riuscito in un’impresa simile. Il recupero è avvenuto per merito del nucleo sommozzatori, guidato da Mauro Fusato, in località San Vigilio a Garda, sulla sponda veronese.L’unico intervento simile, tra l’altro eseguito a poche decine di metri di distanza, fu operato da Angelo Modina nel 2005, con la collaborazione dei Volontari. Allora si scese a -128 metri. Stavolta si è fatto di più.«IL NATANTE, di sette metri, con motore fuoribordo, proprietà di un noleggiatore della riviera bresciana, era affondato senza vittime o feriti – ricorda Fusato -, dopo che un forte vento aveva sorpreso l’equipaggio, facendo imbarcare una grande quantità di acqua. Fortunatamente altri turisti nei paraggi avevano recuperato i naufraghi, prima che il loro scafo scomparisse. Il relitto giaceva in assetto di navigazione su un fondale fangoso al largo di Punta S. Vigilio. L’operazione, che ha richiesto tre uscite preliminari ed una di recupero in superficie, ha visto l’impiego delle nuove attrezzature donate dalla Guardia Costiera. Si tratta di Volga 2026, lancia di 12 metri e mezzo destinata alla ricerca in profondità, equipaggiata con un sistema Sonar-telecamera in grado di scandagliare aree di fondale fino a cento metri di raggio, e di un mezzo teleguidato dalla superficie, dotato di telecamera e pinza (Rov) che consente la visione degli obiettivi ed eventualmente il loro aggancio in vista del recupero».CON L’AIUTO del sonar il relitto è stato individuato dopo circa quattro ore di scandaglio. Nelle due uscite successive si è trovato il modo di agganciare una cima che arrivasse fino alla superficie. L’altro giorno, lavorando con i sommozzatori a – 35 mt., si è provveduto a riportare a galla l’imbarcazione. Fatta riemergere dall’acqua, è stata svuotata ed infine trainata fino al porto di partenza.«Questo intervento, utilizzato dai Volontari del Garda come test per verificare l’efficacia delle nuove attrezzature, operative dallo scorso febbraio – conclude Fusato -, apre la strada ad un nuovo modo di intendere l’esplorazione dei fondali del lago. Con questi sistemi è possibile ispezionare vaste aree a qualsiasi profondità, e andare a visualizzare ogni obiettivo potenziale. Il recupero di punta San Vigilio ha comportato molti problemi, visto che sarebbe un po’ come buttare una corda dotata di calamita dal novantesimo piano di un grattacielo e cercare di catturare una monetina al piano terreno! Siamo certi che i fondali nascondano cose di cui nessuno mai ha saputo o raccontato, e che aspettano solo di essere scoperte».
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L’intervento è stato condotto a più riprese a Punta San Vigilio, sulla sponda veronese