venerdì, Aprile 19, 2024
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Il nodo dell’ospedale. La spaccatura sull’ipotesi-Roè potrebbe «salvare» Salò e Fasano. Faustini rilancia, Elena avverte: il caso diventa politico

Sindaci divisi, chiusure in forse

E’ destinata a ritornare in discussione, e forse a subire uno slittamento, la chiusura dell’ospedale di Salò (pazienti destinati a Villa Barbarano o Villa Gemma) e del Santa Corona di Fasano (trasferimento a Gussago). Quest’ultimo, che dipende da Brescia, sarà al centro di un tavolo di confronto, promosso dal Direttore generale dell’Asl, Carmelo Scarcella, che potrebbe allargarsi anche al futuro di Salò. Ma della sanità altogardesana si occuperà lo stesso assessore regionale, Carlo Borsani, atteso nelle prossime settimane sul lago. Il braccio di ferro sulle due ipotesi – costruire un nuovo ospedale a Roé (con 29 milioni della Regione e la cessione di Salò e Gavardo) o usare gli stessi soldi per intervenire su Gavardo, potenziando nel contempo i presidi di Gargnano e Nozza – ha dunque generato nuove possibili soluzioni che, almeno per ora, potrebbero garantire la sopravvivenza di Salò e Fasano. Chiudere alcuni presidi solo quando saranno operativi quelli potenziati di Gavardo, Gargnano e Nozza: questa è la posizione inflessibile di quattro sindaci del Garda: Paolo Elena (Toscolano Maderno), Marcello Festa (Gargnano), Manlio Bonincontri (Tignale) e Sandro Bazzani (Gardone Riviera) che nell’incontro avuto in Comunità montana l’altro ieri hanno bocciato la mozione proposta dal presidente della Comunità, Bruno Faustini. Con Faustini si sono schierati Angelo Andreoli (Valvestino), Diego Ardigò (Tremosine) e Giampiero Cipani (Salò). Astenuti Battista Martinelli i (Limone) ed Ermes Venturini (Magasa). Subito dopo è stato approvato il protocollo predisposto dal Direttore dell’Azienda ospedaliera di Desenzano, Mauro Borelli: quattro a favore (Tignale, Gargnano, Toscolano, Gardone), tre contrari (Salò, Valvestino e Tremosine), ancora astenuti Limone e Magasa. I sindaci altogardesani hanno sposato, dunque, la proposta-Borelli, anzi, si sono spinti più in là: non solo hanno bocciato l’ipotesi di un ospedale nuovo a Roè, ma hanno rovesciato l’ordine degli interventi. Bisognerà iniziare a lavorare – sostengono i quattro – sulle strutture di Gargnano e di Nozza, utilizzando i soldi messi sul tavolo dalla Regione. Con la parte rimanente dei quattrini si procederà all’ampliamento dell’ospedale di Gavardo. Respinte senza appello alcune obiezioni. I 29 milioni potrebbero sparire o diminuire? «E’ terrorismo puro, i soldi si perdono se non si seguono le pratiche». La Valsabbia guadagna tutto e il Garda resta con un pugno di mosche? «Sciocchezze: vecchio o nuovo che sia l’ospedale, la collocazione è comunque a ridosso del lago». Chiedere il potenziamento di alcune strutture mentre la Regione ne sta tagliando altre? «La geografia del territorio dovrà pur contare qualcosa». Il concetto, ribadito a più riprese dai quattro sindaci, che hanno dato man forte ai colleghi valsabbini nel sostenere Borelli, è che «per la prima volta nella storia locale siamo d’accordo in trenta sulla stessa scelta, con coesione trasversale ai vari schieramenti politici. Ma precisiamo che, mentre si attendono i potenziamenti, le strutture esistenti devono restare operative, a partire dal Santa Corona e di Salò, riposizionando la riabilitazione». La spaccatura tra i sindaci e il presidente della Comunità montana potrebbe avere conseguenze. Faustini non fa marcia indietro: «Bisogna tentare con l’ospedale nuovo e, solo se è dimostrata l’insufficienza dei soldi, si cercheranno ripieghi. I 29 milioni stanziati dalla Regione sono l’esito di un lungo lavoro svolto dal sottoscritto e da Cipani. Molti, che oggi si stracciano le vesti, non si erano mai mossi: intervengono solo oggi, che i soldi ci sono». Faustini ammette «una profonda spaccatura in Comunità montana». Le conseguenze saranno da verificare. Sull’argomento, non va per il sottile Paolo Elena: «L’assemblea della Comunità deve ricordarsi che non è un super-comune ma un ente derivato i cui rappresentanti sono stati inviati dai consigli comunali a livello fiduciario. Quindi possono essere revocati. Noi avevamo invitato Faustini a non votare sulla sua mozione: non bisognava spaccare la maggioranza in questo modo».

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