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Storia e cultura del territorio con «Il Garda Romanico». Visite guidate alla pieve di Castelletto di Brenzone e alla Rocca

Sulle tracce romaniche del medioevo benacense

Approda sulla riva orientale del lago il progetto Garda romanico, curato dall’associazione Lacus e coordinato da Renata Salvarani, giornalista e docente universitaria. L’iniziativa, che vede il sostegno di 30 soggetti pubblici e ha sin qui coinvolto tremila partecipanti, mira alla ricerca storica e alla valorizzazione culturale del territorio benacense. Ha come oggetto le pievi e le chiese medievali dell’area fra Verona, Brescia, Mantova e Trento. Nel ricco calendario, due momenti veronesi: sabato 10 settembre, alle 18, alla chiesa di San Zeno a Castelletto di Brenzone (foto) e sabato 17 a Garda. A Castelletto è prevista la visita guidata a San Zê de l’Oselét, come viene chiamata la chiesetta del cimitero. Verrà posta in luce la sua storia. E saranno annunciate le novità sull’individuazione di una villa romana nelle vicinanze. A Garda, il sabato successivo, in sala consiliare, con l’intervento del vicensindaco Gian Paolo Rossi, saranno presentate le prossime fasi del progetto, mentre alle 17 si terrà una visita guidata alla Rocca, con partenza davanti all’Eremo camaldolese. Partecipare alle visite costa cinque euro. Detto degli appuntamenti, i contenuti. Tutto ha inizio con un convegno di cinque anni fa, a Desenzano. Si parlava di Romanico sul Garda. Emerse l’urgenza di indagare la storia medievale dell’area. Si cominciò a cercare negli archivi, quelli locali, ma anche quello segreto del Vaticano. E poi via alla schedatura di più di cento edifici medievali. Si è così andato delineando un quadro articolato, nel quale ciò che resta delle architetture e dei cicli figurativi romanici emerge come punto di partenza per la conoscenza di un contesto istituzionale e sociale di grande vivacità. Il Garda antico come insieme di piccole patrie e piccole chiese, in gran parte autonome rispetto ai centri urbani. Renata Salvarani, docente di storia e cultura del territorio all’Università Cattolica di Brescia e di metodologia della ricerca storica all’Università Cattolica di Piacenza, ha una convinzione: nei primi secoli del Medioevo il Garda costituiva una realtà atipica nell’organizzazione del territorio. Una grande via d’acqua circondata da monti, campagna, colline, isolata dalle città. «Una situazione del genere», sostiene, «costituisce un’anomalia nel contesto padano, ha significato una particolare organizzazione del territorio». Un assetto di cui resta traccia abbastanza evidente per chi ne sappia interpretare il codice di lettura: questa traccia è costituita prevalentemente dagli edifici romanici, le chiese. «Nell’area del lago di Garda, per secoli, fino alla dominazione veneziana», dice la Salvarani, «non si affermò alcuna circoscrizione territoriale civile stabile, ma si assisté a una continua variazione di influenze delle diverse città vicine, che però non riuscirono mai a controllare l’intero bacino. Così, le pievi finirono per essere l’unico riferimento costante per le popolazioni. Esse divennero capisaldi non solo della vita religiosa, ma anche di quella civile». Era lì, in pieve, sotto un portico, sotto una pianta vicino alla chiesa, che si riuniva il consiglio dei capifamiglia per assumere le decisioni più importanti per la comunità. Primordiali esperienze di governo collettivo che forse sono all’origine di alcuni comuni rurali. Ma soprattutto, sono la fonte dell’identità stessa delle comunità gardesane.

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