martedì, Dicembre 5, 2023
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Tremosine: un posto magnifico!

L’ed­i­to­ria garde­sana offre spes­so piacevoli sor­p­rese. Seg­na­lo qui il libro Sul­l’az­zur­ro , 304 pagine fit­tis­sime, curate da Pao­lo Boc­cafoglio, che l’Am­min­is­trazione comu­nale di Arco, tra le più attente per il set­tore cul­tur­ale, ha pub­bli­ca­to nel mar­zo 2001 come quar­to dei “Quaderni del­la ”.

Con­tiene la traduzione di quat­tro testi del­lo scrit­tore tedesco Karl von Heigel (Mona­co di Baviera 1835 — Riva 1905): una novel­la (Die Veran­da am Gar­dasee), del 1879, un roman­zo breve (Am blauen Gar­dasee!), del 1899, e due rac­con­ti (Das Radler­fest in Arco e Frau Berge­mann auf Sermione), del 1904. È in par­ti­co­lare sul roman­zo che mi voglio sof­fer­mare.

Una car­toli­na stor­i­ca di Tremo­sine ai pri­mi del sec­o­lo scor­so a corre­do del libro “Sul­l’az­zur­ro lago di Gar­da” cura­to da Pao­lo Boc­cafoglio che con­tiene la traduzione di quat­tro testi del­lo scrit­tore tedesco Karl von Heigel (Mona­co di Baviera 1835 — Riva del Gar­da 1905) una novel­la del 1879, un roman­zo breve del 1899 e due rac­con­ti del 1904

Ne sono pro­tag­o­niste due cop­pie in crisi, ospi­ti del­l’ho­tel Sole di Riva: una for­ma­ta dal gri­gio buro­crate, con­sigliere di pre­tu­ra, sign­or Hagen, e dal­la barones­sa Helene, nobile decadu­ta, debole di nervi, por­ta­ta per l’arte e la musi­ca, seg­re­ta­mente innamora­ta del cug­i­no, barone von Roda; l’al­tra con mis­ter Brown­ing, un inglese chiu­so e ris­er­va­to, stu­dioso e seguace di dot­trine teoso­fiche e ori­en­tali, e l’amer­i­cana Adri­enne, figlia di un ric­chissi­mo usuraio, bel­la, fred­da, cal­co­la­trice, insidi­a­ta da Tal­bot, un gio­vane avven­turiero di Cit­tà del Capo. Tut­ti proven­gono da Berli­no e tut­ti cap­i­tano a Riva per ragioni di salute; il loro incon­tro con l’am­bi­ente garde­sano avviene nel­la tar­da estate e sus­ci­ta emozioni for­ti.

Ad un cer­to pun­to, il vec­chio zio Bie­der­mann, mes­sosi sulle trac­ce di Adri­enne, fug­gi­ta con il sup­pos­to amante, si spos­ta con il bat­tel­lo lun­go la spon­da occi­den­tale del lago. Ed è così che nel roman­zo si ha una descrizione breve ma sig­ni­fica­ti­va del carat­ter­is­ti­co pae­sag­gio del­la fale­sia tremosi­nese:

«Quan­do il bat­tel­lo ebbe las­ci­a­to dietro di sé Limone, Bie­der­mann andò in cop­er­ta. La mag­gior parte dei passeg­geri era­no tedeschi, un pub­bli­co pieno di grat­i­tu­dine per lo spet­ta­co­lo che il lago e le sue rive offrivano. Sì, anche il lago era un quadro di per sé, quan­do si impen­na­va in onde coro­nate di spuma… o dove, in tran­quille baie, rispec­chi­a­va la con­tra­da. Ed ora ave­va il mer­av­iglioso col­ore azzur­ro che non è un rif­lesso di quel­lo del cielo come in altri laghi. Il bat­tel­lo scivolò vici­no ad alte, nude roc­ce. Emer­gono a per­pen­di­co­lo dal­l’ac­qua, sol­cate da numerosi canaloni, sono di roc­cia sbian­ca­ta, qua e là col­orate di rosso o anner­ite, qui dis­tese a strati l’u­na sul­l’al­tra, là di nuo­vo erette in ver­ti­cale, stra­or­di­nar­ie tav­ole con iscrizioni, un capi­to­lo del­la sto­ria del­la ter­ra.

Il bat­tel­lo si fer­mò nel­la baia di Tremo­sine. Su di un’an­gus­ta striscia di ter­ra si alza­vano un paio di mis­eri edi­fi­ci. Una bar­ca si stac­cò dal­la riva e andò a pren­dere alcu­ni passeg­geri sul castel­lo di prua: una con­tad­i­na con una mez­za dozzi­na di ces­te, un paio di con­ta­di­ni in tral­ic­cio (fustag­no) col­or verde oli­va e un anziano e magro sac­er­dote in una logo­ra veste talare e con un cap­pel­lo a tre punte di fog­gia anti­ca. Dove vol­e­va andare quel­la gente? Da entrambe le par­ti la roc­cia pre­cipi­ta nel­l’ac­qua, dietro le case sale per più di tre­cen­to metri con un’ampia fronte, ma scosce­sa. Soltan­to qua e là un cedro o un oli­vo si erge dai crepac­ci. Un tor­rente — il Brasa — si é sca­v­a­to una gola, se ne scorge dal bat­tel­lo per un momen­to l’ac­qua che pre­cipi­ta e la sua schi­u­ma. Tut­tavia molto in alto sulle creste delle roc­ce si stagliano nel­l’az­zur­ro cari­co del cielo bianchi muri e un cam­panile; le cime di un grup­po di alberi si inar­cano a mò di verde ciglio e vici­no al pre­cip­izio c’è un pun­to panoram­i­co. Ed ora Bie­der­mann scorse nel­la parete roc­ciosa un sen­tiero a zigzag che por­ta­va in alto. Quan­do il cap­i­tano las­ciò il ponte di coman­do, Bie­der­mann gli si avvicinò. “Una via del diavo­lo là sopra, sign­or cap­i­tano! Come?”

Il cap­i­tano mise edu­cata­mente la mano al berret­to bian­co. “Non così brut­to come sem­bra, sig­nore. Un uomo come il cura­to, vig­oroso nel cam­minare e a casa sua sui mon­ti, in mez­z’o­ra arri­va su.”

Bie­der­mann, dom­i­na­to da un pen­siero, disse: “Per una cop­pia di aman­ti che voglia nascon­der­si al mon­do, sarebbe il pos­ti­ci­no gius­to.”

“Lassù non si è poi tan­to sep­a­rati dal mon­do e dimen­ti­cati. Dal bat­tel­lo lei ha vis­to solo un pezzet­to di Pieve di Tremo­sine. È un pos­to mag­nifi­co: un altip­i­ano di ter­reno fer­tile con più di una dozzi­na di vil­lag­gi.”».

Il bat­tel­lo con­tin­ua poi il suo tragit­to ver­so Gargnano e Salò. Res­ta, nel­la descrizione, ques­ta pen­nel­la­ta sul por­tic­ci­o­lo, sui con­ta­di­ni, sul­l’anziano e magro sac­er­dote, sul sen­tiero “impos­si­bile” per Pieve. Una pag­i­na che mi ha fat­to tornare alla mente le per­p­lessità di Luciano Tur­ri, gio­vane medico in procin­to di salire a Tremo­sine per pren­dervi servizio, appe­na sbar­ca­to dal piroscafo.

Era il 1899, lo stes­so anno di quel­lo del roman­zo; allo­ra toc­cò al bat­tel­lante e pro­cac­cia Pren­gu­ber rin­cuo­rare il viag­gia­tore sal­en­do il sen­tiero «tut­to a sbalzi e gra­di­ni e punte di roc­cia affio­ran­ti», con parole molto sim­ili: «Dopo le case che Lei vede e che for­mano il capolu­o­go del Comune, si apre uno splen­di­do altip­i­ano…». Insom­ma, ”splen­di­do” per Pren­gu­ber e Tur­ri, “mag­nifi­co” per Heigel.

Oltre che del­la traduzione ital­iana sarebbe inter­es­sante dis­porre del testo orig­i­nale, in lin­gua tedesca: un bel bigli­et­to da visi­ta da pro­porre anche ai molti tur­isti che scel­go­no Tremo­sine per un sog­giorno o una visi­ta.

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