domenica, Aprile 28, 2024
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Trota regina della tavola

La trota è la regina del Garda. O forse è necessario dire: era. Perché ormai di trote nelle acque gardesane ce ne son poche. Ad affermare la sovranità della trota, negli anni Venti, fu Floreste Malfer, grande ittiologo, autore di un testo fondamentale per la conoscenza del lago: «Il Benaco». Oggi, si diceva, di trote nel lago ce ne son pochine, ma sono invece numerose, e di ottima qualità, le trote d’allevamento provenienti dalle zone dell’immediato entroterra del Garda. In particolare, eccellenti troticolture si trovano fra Torbole ed Arco, nel tratto settentrionale del lago, e poi anche in Valdadige, a Brentino Belluno.

Alle trote d’allevamento della Valdadige hanno dedicato un libretto due chef gardesani, Isidoro Consolini e Flavio Tagliaferro. Qualche anno fa pubblicarono un quadernetto intitolato «Dodici ricette con la trota». Ricette innovative o reinterpretazioni della tradizione locale. Ed appartiene senza dubbio a questa seconda categoria, quella del rinnovamento della tradizione, il loro risotto alla trota e profumi dell’orto, riconducibile all’uso tipicamente gardesano dei risotti a base di pesce, che trova nel risotto con la tinca la sua massima espressione. Si fa così. Si cucina un risotto con del vino bianco secco, aggiungendo man mano del fumetto di trota (una specie di “brodo” realizzato con gli «scarti» del pesce – pelle, pinne, lische, coda, testa – con acqua, vino bianco, limone, carota, cipolla e poco sale). A parte, si rosola in poco olio la trota tagliata a cubetti, aggiungendoci scalogno tritato, pomodoro a cubetti, prezzemolo, erba cipollina e basilico spezzettato. Quando il riso è quasi pronto, ci si versano la trota e le verdure, mantecando col formaggio.

Un altro chef gardesano, oggi «a riposo», Giorgio Erbifori, era noto, tra l’altro, per i suoi filetti di trota salmonata marinati agli agrumi. Puliva la trota e ne ricavava i filetti. Li metteva in una vaschetta, facendo attenzione a non romperli, e li insaporiva con sale e pepe macinato al momento. Li bagnava quindi con il succo dei limoni e li ricopriva completamente con l’olio. Incoperchiava il tutto e lo lasciava a macerare per almeno ventiquattro ore in un luogo fresco. Al momento di servirla, tagliava la trota a fettine sottili e l’accompagnava con rucola e pane caldo.

Grazie agli allevamenti sono oggi facilmente reperibili i filetti di trota affumicati: si trovano nelle pescherie e anche nei supermercati. Bepo Maffioli, attore, scrittore e grande gourmet, ricordava d’averle proposte ai colleghi sul set d’un film di Ettore Scola: trote affumicate con panna e kren acidulato all’aceto. Confessava Maffioli: «Da allora adottai le trote affumicate al kren, fra le ricette di più facile e più rapida esecuzione e di assoluto gradimento, per ospiti anche raffinati». Aggiungeva Maffioli d’aver incontrato la prima volta le trote affumicate proprio sul Garda, in un ristorante vagamente liberty della sponda bresciana. I gestori affumicavano il pesce «in un rudimentale apparecchio allestito in un cortile interno, quasi segreto». Ecco trovato il punto di contatto fra la tradizione gardesana e i moderni allevamenti di trote lungo il Sarca e l’Adige.

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