Il Garda tra turismo, agriturismo e ippoturismo, o turismo a cavallo. Un lago che vive tra le scelte del passato, che forse hanno sparato tutte le loro cartucce, e altre strade tutte da percorrere. Sono questi i temi che emergono dalla tesi di laurea della gargnanese Elena Baroldi, studentessa di lingue e letterature straniere alla «Cattolica» di Brescia. Il lavoro (relatore Giacomo Bailetti) ravviva una discussione in atto da anni e al centro della quale si pone la nuova offerta turistica gardesana. Un’offerta che potenzi le opportunità per il turista e che fornisca nuova linfa e ulteriori richiami. Qual’è la situazione e quali sono, dunque, le proposte che potrebbero allargare l’offerta benacense? I grandi numeri parlano chiaro: nel 1999 le presenze turistiche si attestano intorno a 5,1 milioni, per due terzi stranieri. Le strutture ricettive sono 430, distribuite tra Sirmione e Limone, per un totale di oltre 17 mila posti letto. Quarant’anni di turismo, quindi, hanno portato a una saturazione della fascia a lago, con conseguenze di indubbio rilievo sia per le possibilità di occupazione che per l’aspetto finanziario, dato che muovono un ragguardevole numero di miliardi. Ma tutto ciò suscita interrogativi, visto che «la monocoltura turistica della costa ogni anno è lì con il fiato sospeso per vedere se il tempo è buono e se la montagna o l’Adriatico ci fanno concorrenza». Una soluzione potrebbe consistere nel «riqualificare l’offerta e arricchirla. L’entroterra è il grande serbatoio per poterlo fare e quello che si propone è un altro turismo, di cui c’è una grandissima domanda». Partendo da questo presupposto, Elena Baroldi analizza l’operatività delle strutture che paiono finalizzate appositamente alla promozione turistica e a quella del territorio: gli agriturismo. «Una formula di ricettività piuttosto recente, che si sta sviluppando sempre più, in concomitanza con il maturare di una coscienza turistica a contatto con la natura», si legge nella tesi. Dopo il timido avvio negli anni ’70, il passo si è fatto più spedito e, di recente, i numeri sono divenuti più sostanziosi: nei comuni che si affacciano sul Garda, Brescia mette in campo 45 aziende agrituristiche, contro le 32 della sponda veneta e le 4 del Trentino. Sulla nostra costa, la parte del leone la fa il basso lago con Lonato (10 aziende agrituristiche) e Desenzano (8). Salò ne conta 9, Toscolano e Tremosine 5, Tignale un paio, Gargnano solo una. Il resto è distribuito, specie in Valtenesi. Ma, sostiene Elena Baroldi, «se si tenesse conto di tutte le aziende erroneamente indicate come agriturismi, il numero risulterebbe superiore. Ciò indica un abuso della denominazione e crea una concorrenza sleale». Spicca il fatto che sia il basso lago a muoversi di più in questa direzione. Il perché potrebbe essere individuato in un maggiore tempismo da parte degli operatori di quella zona, favoriti anche dalla struttura viaria che, invece, penalizza l’alto lago. Ma come si distinguono gli agriturismo nella loro offerta? C’è chi si orienta solo sull’accoglienza, chi solo sulla gastronomia, chi su entrambe. È a questo punto dell’analisi, cioè dopo avere accertato la positiva tendenza ad affermarsi di queste particolari strutture turistiche, che Elena Baroldi scopre le sue carte. E, tra le altre, cala un carico pesante che si chiama ippoturismo, o turismo a cavallo. Agriturismi «equestri», sul lago, ve ne sono già: a Vesio, Prabione, Gaino e altri ancora. Sul Garda bresciano il turismo in sella è una realtà piuttosto recente, ma in continuo aumento grazie alle possibilità di espansione vista la varietà di paesaggi presenti. La domanda turistica di vacanze in campagna è sempre in crescita e l’ospitalità in agriturismo, unita al servizio di una buona scuderia, risulta formula vincente». Alcuni itinerari collaudati da percorrere in sella? Da Gaino a Valvestino o a Prabione o a Passo Spino, da Vesio a Tremalzo, da Sedena a Lonato. Ma la carta del turismo equestre non si limita a una positiva valenza, costituita da un’offerta in più. Infatti, potrebbe anche contribuire al prolungamento della stagione che, spesso, è un problema diffuso. Per affrontarlo qualcuno è andato nella direzione (esclusiva) dei beauty center, altri verso il turismo congressuale, gastronomico o sportivo. «Il Garda non è solo spiagge, sole e acqua. Il clima non è mai rigido e consente escursioni nell’entroterra anche nei mesi meno caldi. Il vasto territorio offre attrazioni durante tutto il periodo dell’anno. È vero che finora i turisti hanno abbinato la vacanza con lo sport al sole, ma non necessariamente solo d’estate. A conferma di questo comportamento basta frequentare qualche percorso dell’entroterra gardesano per rendersi conto che questa forma di turismo non ha stagione». Ampliare il periodo di accoglienza, garantire l’occupazione, dare al lago una vita costante. Sono richieste per le quali una soluzione «su misura potrebbe essere il turismo sportivo in genere e, in particolare, l’ippoturismo, la specialità più adeguata, praticabile tutto l’anno tra la costa e l’entroterra e collegato con la vita reale del turismo gardesano. Potrebbe seguire i passi dell’agricoltura tra castagni, olivi, viti, funghi».
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