L’orso del Baldo è un vagabondo. «Gli orsi… magari sono due», non esclude Katherine Cozza, agente della Polizia provinciale con esperienza pluriennale sull’etologia dei plantigradi. Dal debutto del Progetto Life Ursus, 1996 nel Parco Adamello Brenta, ne segue vicissitudini e spostamenti. Le «fatte» (feci), le tracce e i ciuffi di peli, oltre ai molti avvistamenti, raccontano la storia del nuovo «immigrato». Avvistato, da ultimo ad Est, a modesta altitudine; tornato poi sul versante Ovest, dove fece strage di pecore: inutilmente, perchè gli ovini sono stati spostati. Il timore, dopo l’uccisione con bocconi avvelenati di tre orsi nel Parco Nazionale d’Abruzzo (della morte di altri due si ignora tuttora la causa), è che qualcuno, anche nel Veronese, perda la testa. E decida di considerarlo un elemento «nocivo», da liquidare con il piombo o la stricnina.«Ciò che è stato fatto in Abruzzo è uno dei peggiori attentati ambientali da decenni», sbotta con rabbia Katherine Cozza: «Il problema del danno è inesistente», spiega. «C’è da noi, come in Trentino, un regime di risarcimento diretto, che toglie ogni “alibi” a chi volesse eliminare il problema togliendo di mezzo l’orso». «Gli orsi», magari. Perchè, triangolando avvistamenti e abitudini del plantigrado, non si ottiene una certezza: una bestia così può fare 40-60 chilometri in una giornata, passare da un versante all’altro. «Vedremo», temporeggia l’agente provinciale: «le tracce che lascerà con le prime nevi potranno dirci qualcosa di più».Intanto il plantigrado si muove, tra la zona sommitale Nord del Baldo e gli opposti versanti; gli agenti di zona rilevano i dati, che passano al vaglio dell’Unità creata dalla Provincia. Qualcosa di lui (lei?) si sa: dopo avere sbranato le pecore sopra Malcesine pare essersi adattato a una dieta più vegetariana (è un onnivoro): le ultime feci ritrovate contenevano «faggiola». «È un opportunista», sorride l’agente Cozza. «Un animale schivo, che non deve perdere il nativo timore verso gli umani: se accadesse diverrebbe un problema, un pericolo, al punto di essere costretti ad abbatterlo». L’invito: «Niente ricerche fai da te. Chi lo avvistasse ci inoltri la segnalazione. Ma non deve essere disturbato: sarebbe un danno, per l’animale e per tutti».L’orso potrebbe essere prossimo al letargo. «Ma non è detto», spiega Katherine Cozza, «perchè lo scorso anno l’abitudine non è stata rispettata». Resta un rischio, lo stesso che ha ucciso «Bernardo» e altri due in Abruzzo: la scarsa conoscenza dell’etologia del plantigrado. E l’appetito dei bracconieri per una preda di prestigio. «Stiamo contattando i Comuni interessati, per organizzare incontri, anche con le scolaresche. Fare capire la portata di questa presenza è il solo modo per evitare esiti che lascerebbero l’amaro in bocca», spiega l’agente. Eventuali danni li sanerà l’accordo «Life Ursus», progetto ultradecennale che ha riportato gli orsi sulle Alpi Orientali.«L’importante», conferma Katherine Cozza, «è studiare i suoi comportamenti». Non nasconde però l’entusiasmo. Se l’orso scegliesse il Baldo come tana invernale o dimora definitiva imprimerebbe un altro «sigillo» ambientale. «Dipende da tutti», ammette l’agente. Dal rispetto di qualcosa di speciale che accade sul «monte di casa» dei veronesi.
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Avvistamenti in sequenza. L’agente che seguì il progetto «Life Ursus»: «Dobbiamo spiegare e proteggere»