martedì, Aprile 30, 2024
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La rassegna sarà inaugurata nel pomeriggio al palazzetto delle esposizioni e resterà aperta fino al 6 gennaio E le liriche di Giuliano Sala accompagnano le opere dell’artista scomparso in aprile

Una mostra per ricordare Tomezzoli

La sintesi di tutto è forse nell’ultima opera pubblicata sul catalogo: colori piatti, volutamente senza più alcuna profondità, depurati da quella nervosa, solida stratificazione che gli è stata cara nei lunghi decenni di vita artistica. Probabilmente, quando mise mano a quel quadro, Benito Tomezzoli sentiva che il male stava vincendo, che gli stava rubando la vita. E questo suo grido soffocato lo voleva esprimere in un cambio di rotta sostanziale e drammatico del suo modo di dialogare con la tela. Agli inizi d’aprile di quest’anno Tomezzoli se n’è andato per sempre. Ora lo ricorda a Garda da oggi (l’inaugurazione è alle 18) al 6 gennaio una mostra allestita al palazzetto delle esposizioni da Giuliano Sala, presidente del Centro studi per il territorio benacense, ma soprattutto suo amico e collaboratore. Insieme hanno dato vita nell’ultimo decennio ad una fascinosa serie di eventi in cui pittura e poesia viaggiavano di pari passo. Anche stavolta le liriche di Sala accompagnano le opere dell’artista scomparso. In esposizione e sulla carta, su un quaderno di una trentina di pagine intime, raccolte, personali. La rassegna, che porta il titolo di «Dieci poesie e versi sciolti e una canzone di congedo», è stata ideata col fattivo contributo dell’amministrazione comunale nell’ambito del Natale tra gli Olivi ed è aperta tutti i giorni feriali dalle 17 alle 19, mentre nei giorni festivi, Natale e capodanno esclusi, si accede anche dalle 10.30 alle 12.30. «Il ricordo di questo grande artista gardesano», sottolinea il vicesindaco Gian-Paolo Rossi, «rappresenta uno dei momenti più significativi di quest’edizione della nostra manifestazione natalizia». «L’edizione di testi poetici corredati di una breve nota introduttiva, di immagini che ne rendessero la lettura più consapevole e partecipe», scrive Giuliano Sala, «fu l’ultima idea con Benito condivisa. Poi lui se ne andò. Riprenderla ora è risvegliare dolorosamente la percezione della sua mancanza, ma a questa non voglio sottrarmi ché è quanto di Benito mi rimane». E se intimamente sofferti sono i versi ed i testi di Sala, altrettanto disperatamente innovativi sono gli ultimi quadri di questo ragazzo ribelle di ottant’anni che, con la morte ormai nelle ossa, cercava ancora nuove forme espressive. Anzi: forse mai come negli ultimi mesi di vita, finché la malattia non l’ha costretto a deporre il pennello, Tomezzoli ha espresso vitale ricerca, accantonando senza rinnegarla la ruvida plasticità dei rossi esplosivi e dei neri profondi stratificati sulla tela, quasi suoi «marchi di fabbrica» apprezzati da collezionisti di mezzo mondo, per penetrare invece giorno dopo giorno i misteri di un colore che si fa lieve, di forme che divengono elementari. Era la nuova frontiera intravista da Tomezzoli, ma non c’è stato il tempo di varcare questa nuova soglia: quel che resta sono poche opere, in cui il tragitto è appena abbozzato. Alle perplessità di chi si interrogava sul valore di queste opere di inusuale taglio, rispondeva che rappresentavano il futuro, vedendovi probabilmente già orizzonti che a noi restano sconosciuti.

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