giovedì, Novembre 14, 2024
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Poco fuori dal centro abitato, a ridosso della strada ombreggiata da secolari cipressi che s’inerpica sulla collina morenica in direzione dell’Eremo di San Giorgio, giace completamente incustodito il priorato di San Colombano.

Abbandonata l’antica chiesa di San Colombano

Abbandonato nell’incuria generale. Poco fuori dal centro abitato, a ridosso della strada ombreggiata da secolari cipressi che s’inerpica sulla collina morenica in direzione dell’Eremo di San Giorgio, giace completamente incustodito il priorato di San Colombano. O meglio quel poco che rimane di ciò che un tempo era una dipendenza dell’abbazia di Bobbio e gestiva, almeno a partire dal IX secolo, un patrimonio immenso fatto di terre, boschi e edifici distribuito prevalentemente nei territori di Bardolino, Garda, Costermano e Lazise. Oggi a rammentare vagamente la presenza di questo antico monastero solo qualche brandello di mura e le fattezze rimodernate di quella che ne fu la cappella, ormai ridotta a rifugio di vagabondi. Un vero scempio. Un pugno nello stomaco che colpisce chiunque s’addentri furtivamente nella proprietà privata e imbocchi, passando dal lato est, nella chiesetta modificata dagli interventi settecenteschi. Agli occhi del visitatore (anche se il posto abbandonato non ispira particolare fiducia) spinto in loco dalla curiosità e attratto dal richiamo dell’arte, semplice ma pur sempre segno di storia, si presenta un panorama tutt’altro che contemplativo. Pezzi di vetro sparsi ovunque, carte bruciate nel tabernacolo divelto dell’unico altare in marmo giallo di Torri, banchi ammassati e muri scrostati. In mezzo alla sporcizia e all’umidità resiste un dipinto all’incirca del 1960 raffigurante la Vergine e San Colombano, opera di Leonardo Peretti. All’esterno, sulla facciata principale coronata da un frontone triangolare ed occhio nel mezzo il tempietto dalle fattezze neoclassiche è praticamente nascosto alla vista dalla vegetazione incolta. Dalla parte opposta addossati alla chiesetta come naturale propagine si stagliano fabbricati rurali fatiscenti. Ampi locali per lo più vuoti dove non mancano segni poco edificanti della nostra civiltà. Un vero paradiso naturale abbandonato. Come salvarlo? Occorre trovare un accordo tra i proprietari dell’immobile e di gran parte della collina, ora diventata di proprietà di una società a responsabilità limitata, la San Colombano, con sede legale a Verona, e il Comune. Non sono ammesse operazioni di pura speculazione: sul priorato esiste un vincolo monumentale mentre tutta la zona circostante è soggetta a rispetto ambientale assoluto. Tradotto in due parole: qualsiasi intervento di ristrutturazione dell’edificio deve sottostare al placet della Soprintendenza dei beni ambientali e architettonici. Una garanzia che mette al riparo da eventuali mire edilizie. Da parte della proprietà esiste la volontà di massima di sistemare l’esistente e di costruire un percorso della salute a beneficio dei turisti e residenti, fanno sapere dalla San Colombano srl. Una passeggiata tra gli ulivi con orizzonti che si ampliano sul bacino lacustre. «Siamo sempre disponibili e aperti a prendere in considerazione le proposte che migliorano una situazione di degrado», dice il sindaco Armando Ferrari. «Sempre però, s’intende, se gli interessi del privato collimano con quelli del Comune. Nello specifico caso c’è un vincolo monumentale da rispettare e pertanto tocca alla Soprintendenza esprimersi in merito a qualsiasi progetto di ristrutturazione dell’esistente». Stefano Joppi

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