Distrutto ieri nel corso d’una suggestiva cerimonia in Rocca il quarto mandala, realizzato dai monaci tibetani di Gyudmed presenti a Riva lo scorso luglio nell’ambito di «Suoni del mondo» (una creatura di Paolo Malvinni). Il disegno è fatto di sabbia colorata finissima, colata attraverso un’apposita pipetta conica che richiama la strozzatura d’una clessidra; l’accostamento dei colori, la tipologia delle figure, i geroglifici hanno significati religiosi legati ai rituali dei monaci buddisti. Nel mandala sono racchiuse le forze primigenie del mondo, quelle che regolano la vita dell’universo e di quella frazione dell’universo che è ciascun uomo. Nell’accordo fra individuo ed universo sta la radice dell’equilibrio interiore, che significa pace, rispetto dell’altro, diritti riconosciuti e vissuti. Come la costruzione, così la distruzione del mandala è un atto di religione, che dev’essere compiuto da sacerdoti: per questo quarto sono veniti a Riva Thubten Sonam e Santu Lama Jinpa, che, riassunto a vantaggio d’un drappello di presenti (fra cui l’assessore alla cultura Stefano Lotti) il significato del gesto, hanno cancellato il disegno perchè niente dura al mondo. La sabbia è stata dispersa poi nel lago: l’acqua è elemento universale, fonte di vita: attraverso la confusione con l’acqua (il lago sostituisce il fiume che corre al suo destino) la sabbia torna nell’universale circolo del divenire, portandovi preghiere e voti.
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