sabato, Maggio 18, 2024
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D’Annunzio l’aveva sognato. Nell’attuale auditorium dove lo Sva plana leggero, sbilanciandosi verso il palco degli oràtori - con quella sua linea forte e vulnerabile di guerriero acheo - avrebbe dovuto sorgere il sacrario di guerra del poeta soldato.

Apre il museo sognato da Gabriele D’Annunzio

D’Annunzio l’aveva sognato. Nell’attuale auditorium dove lo Sva plana leggero, sbilanciandosi verso il palco degli oràtori – con quella sua linea forte e vulnerabile di guerriero acheo – avrebbe dovuto sorgere il sacrario di guerra del poeta soldato. La morte colse D’Annunzio prima che una metamorfosi a lungo premeditata gli permettesse di uscire dalla vecchia epidermide eclettica della Prioria, per rinnovarsi nello Schifamondo, l’attiguo, nuovo edificio Dèco, progettato da Maroni, nel quale, presumibilmente il poeta avrebbe blandito l’idea dell’eternità. La Priorìa apparteneva ormai al passato; gli appariva pesante, quanto le stanze colme di suppellettili che egli descrive ne «Il compagno dagli occhi senza cigli». Pesante di fronte allo spettro della morte. Aspirava quindi ad un nuovo rigore visivo nel quale i ricordi essenziali potessero stagliarsi eccezionalmente. Ora quel museo è stato realizzato. Non nel pantheon dove l’aereo del volo su Vienna appare come un lieve sauro alato, ma direttamente nell’«appartamento negato»; nell’ingresso dello Schifamondo, nel lungo corridoio che divide lo scalone dalle sale dei calchi, nell’ex sala Baccara e nello splendido Studio del poeta che s’apre con tre giganteschi occhi di camaleonte sulla piazzetta Dalmata e sul lago. Ora conviene raccontare, per rendersi conto della fiabesca dovizia di materiale inesplorato che giace al Vittoriale, com’è nata l’idea del museo e quali scoperte sono state compiute negli ultimi mesi. La prof. Ciccarelli, assessore alla Cultura del Comune di Gardone, invita il dott. Spada ad una visita senza barriere al Vittoriale, già pensando che lo studioso d’onorificenze possa realizzare il progetto dannunziano. Spada accoglie con riserva l’invito; teme – come poi accadrà – d’appassionarsi e di dover affrontare una stagione di serrato ed imprevisto impegno. Il sopralluogo dà esiti entusiasmanti. Spada accetta di affrontare le ricerche nei labirinti «archeologici» del Vittoriale, ma dannunzianamente, pone un vincolo: non dovrà confrontarsi con commissioni, con assemblee tecnico scientifiche. Accetta un confronto esclusivo con la professoressa Ciccarelli e la professoressa Andreoli, presidente del Vittoriale. E si mette al lavoro. Esplora poetiche cantine, accede a porte segrete, analizza le stanze che un tempo appartenevano alla servitù, perlustra magazzini, sempre seguito dai suoi collaboratori, il professor Luciano Faverzani e il cavalier Vincenzo Ruggeri, nonché – afferma – dalla signora Mariangela Calubini e da tutto il personale del Vittoriale». «I reperimenti – racconta la prof. Annamaria Andreoli, presidente del Vittoriale – sono stati molteplici. Bandiere, in gran numero, ricchissime, di seta e d’oro, che raccontano tutte le fasi della guerra. In uno sgabuzzino, Spada ha persino trovato l’unica scultura al mondo realizzata dal futurista Marinetti, opera donata con dedica al poeta. Quindi diplomi, pergamene dipinte a mano sempre di grande rilievo artistico. È stato persino individuato un apparecchio che è l’antesignano del registratore, con rulli a cera. Presumibilmente D’Annunzio affidò a quell’apparecchiatura fonografica la dettatura di lettere». «Dietro un armadio – prosegue Andreoli – Spada ha poi rinvenuto due stupendi bassorilievi bronzei raffiguranti aquile, realizzati da Renato Brozzi, l”animaliere” del Vittoriale. Quindi vetri, porcellane ed altri elementi decorativi con i quali sono poi stati arredati i bagni dello Schifamondo». «Non ho voluto realizzare un museo tecnologico o percorsi didattici – afferma Spada – ma ho concretizzato, così come promesso, un museo-casa come sarebbe stato allestito dal Poeta. Il materiale esposto rappresenta l’affetto e l’ammirazione dei quali D’Annunzio seppe sempre circondarsi in ogni circostanza; tutti gli innumerevoli diplomi a lui destinati, le fotografie a lui dedicate, e le centinaia di oggetti che dal più semplice Legionario al primo Maresciallo d’Italia, gli furono donati permettono di ripercorrere tra i più importanti e significativi momenti della vita di D’Annunzio e della nostra storia nazionale». Nella prima sala ecco i cimeli della Beffa di Buccari, condotta con secco fegato e cuor duro; quindi lungo lo scalone il sacrario della bandiere: quella di Montenevoso che cala sontuosamente dal soffitto, col monte immacolato e le vaghe stelle dell’orsa in serici, compatti campi cobalto, quindi tanti vessilli, sfrangiati dalle imprese, bagnati d’acque antiche e ridotti, ai margini a lacerti tessili; quindi ancora la bandiera nella quale fu avvolto il corpo dell’eroico Randaccio, il cui sangue appare ancora come un tenue alone sulla trama; poi i diplomi e i reliquiari settecenteschi nei quali lo stesso poeta pose religiosamente i ricordi più intensi della guerra e di Fiume. E le divise, le medaglie al valore – tra le quali quella d’oro, rarissima, appartenuta a un amico del poeta -, la medaglistica celebrativa, i sacchetti tricolori con sughero e bussolotti nei quali D’Annunzio poneva i messaggi di una vittoria pretesa, lasciando che galleggiassero fino alle mani nemiche. Il volo su Vienna viene evocato dal museo attraverso monconi d’aerei dell’epoca – la fusoliera era di compensato, le ali di stoffa -, la carta geografica srotolabile e riavvolgibile con la quale il poeta guidò il pilota su Vienna, e i volantini che lanciò sulla capitale nemica e che egli stesso fotografò in caduta, i quali appaiono come tante colombe guerresche sui tetti, fatte levare dal suono del motore. M. Bernardelli Curuz

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