La caserma di artiglieria di Peschiera è stata trasformata in un centro turistico e culturale. L’inaugurazione ha richiamato migliaia di persone. «Il progetto degli architetti Lino Vittorio Bozzeto e Oscar Cofani, che hanno poi diretto i lavori, risale al ’94 – spiega il sindaco Bruno Della Pellegrina -. Abbiamo iniziato con un contributo della Comunità europea di 3,6 miliardi (di vecchie lire). Il comune, poi, ha chiesto finanziamenti per altri 4 miliardi. Molte le imprese che si sono impegnate, con grande professionalità. Ci auguriamo che la struttura possa attirare molti visitatori». Costruita tra il 1854 e il 1857, per produrre le cariche dei cannoni, costruire i pezzi di ricambio e mantenere efficienti le parti meccaniche, la caserma è un complesso monumentale unico. In tutto, 5.700 metri quadri di superfici coperte e 5.500 di parco. Voluta dal generale Radetzky, fu ideata dal maggiore Gedeon von Radò, dell’esercito austriaco, che la chiamò con un nome francese: Artillerie Etablissement. E’ situata tra la porta Verona e il bastione San Marco, entrambi cinquecenteschi. Le facciate sono decorate da lesene doriche e archi bugnati, in pietra di colore rosso e giallo-tufo (giallo è anche il colore simbolo dell’artiglieria italiana e rosso di quella austriaca). Il restauro è avvenuto rispettando disegni, forme e materiali originari. Dal cortile interno, che d’estate ospiterà spettacoli e attività all’aperto, si entra in Porta Verona, con un pavimento in cotto antico, gli archi, il camino, lo scalone. Tolte le macerie e le sovrapposizioni di ogni tipo, al posto delle sentinelle armate ospita la «Libreria del Garda», affiancata dalla casamatta della spingarda (un cannoncino). A fianco c’è il laboratorio pirotecnico, di 350 mq., dove si maneggiavano le polveri da sparo. Restaurato seguendo i disegni austriaci, presenta colonne e pilastri in marmo, volte a crociera, mensole di pietra, mattoni a vista e giunti in rilievo (una preziosità stilistica). Un edificio a prova di bomba, ora riconvertito a usi diversi: per esposizioni, concerti e convegni, oppure grande sala per pranzi di associazioni e club. Il giorno di Pasqua, ad esempio, hanno suonato Anya Serova (viola) e Filippo Faes (pianoforte). Quindi le mostre di Ivy Mefalopulos, Antonio Leoni, Roberto Pedrazzoli, Antonio Santacroce e Lisa Lonardelli, quest’ultima su pizzi e vecchi merletti. Poi la caserma vera e propria, su tre livelli. Il piano terra, già allestito, comprende l’Enoteca, coi vini del Garda (non mancano le bottiglie della Lugana e della Valtenesi) e l’olio extravergine di oliva; il laboratorio analisi; il bar «L’arsenale», con piatti tipici; il negozio di prodotti biologici «La corte dei sapori». Il pavimento è ricoperto di ciotoli, che rispettano la struttura originaria e ricordano le usanze costruttive delle vecchie cantine; le porte sono a libro in legno, con bussola di vetro e metallo laccato. Al primo piano, undici stanze: cinque adibite a biblioteca civica, una a sala conferenze, le altre destinate ad associazioni culturali. Il pavimento è in pietra originale. Straordinario quello della sala cannoniere, in asfalto della Dalmazia, nero e lucido, attraversato da corsie in pietra. Il secondo piano (1.300 mq., con undici campate che suddividono i locali, tetto a struttura lignea, in parte antico, muri a paramento rustico) accoglierà il Museo archeologico nazionale delle palafitte del Garda. Si spera di recuperare i molti reperti dispersi in varie città, anche all’estero (Vienna, Zurigo). Le sale si trovano proprio sopra il bastione San Marco, davanti ai Voltoni veneziani, dove il Mincio esce dal lago, esattamente nel luogo dove sorgeva un importante insediamento palafitticolo. «Le volte erano piene di sali, i muri intaccati da pianticelle anche di 25-30 centimetri, il tetto parzialmente crollato – rammenta l’arch. Cofani -. Abbiamo rifatto gli intonaci, recuperato i pavimenti originali, costruito (all’interno) un ascensore, creato un nuovo corpo di scale. Sempre in stretta collaborazione con la Soprintendenza. Al tirar delle somme, è stato speso 1 milione e 100 mila lire al metro quadro, compresi gli oneri accessori, meno che a realizzare case economico-popolari».
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