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Cultura e scienza in rete con Novezzina

Morte e res­ur­rezione di un rifu­gio. Il Gio­van­ni Chierego sorse sul­la cres­ta di Costa­bel­la nel 1963, a metri 1911, gra­zie a un grup­po di ami­ci del­l’il­lus­tre medico e ani­ma­tore del­l’alpin­is­mo veronese. Una bel­la sto­ria con una con­clu­sione gra­ma, 11 per­sone lo real­iz­zarono, 4000 soci del Cai Verona non sono capaci di sal­var­lo. Sono cam­bi­ate tante cose da allo­ra, in prim­is il volon­tari­a­to, lo spir­i­to di grup­po, la sol­i­da­ri­età alpina, è poi venu­ta la seg­giovia di Pra­da (anch’es­sa con alterne vicende) ed è sor­to pian piano sot­to il rifu­gio un sec­on­do rifu­gio, il Fiori del , a metri 1815 (il Chierego è in comune di Bren­zone e con­fi­na ad est con Capri­no, il Fiori in quel­lo di San Zeno di Montagna).Certo però che il Chierego era appe­na sta­to restau­ra­to coi sol­di del­la Regione (300 mila euro) dopo cinque anni di abban­dono e ora gode di un gestore appas­sion­a­to ma, al Cai-Verona, per­manevano i deb­iti accu­mu­lati in anni di onerosi inter­ven­ti sulle strut­ture di pro­pri­età (Barana al Telegrafo, m. 2150, a un’o­ra e mez­za dal Chierego, nato nel 1897, il Fron­za alle Coro­nelle sul Cati­nac­cio, m. 2325), o in ges­tione quali lo stu­pen­do Biasi al Bic­chiere di Malavalle, sulle Alpi Venos­te di Ponente, m. 3195, del 1893, più la recente brut­ta nuo­va tele­fer­i­ca per il Telegrafo.La triste deci­sione era mat­u­ra­ta al diret­ti­vo del Cai il 16 agos­to, con una let­tera alla Comu­nità Mon­tana del Bal­do del pres­i­dente Piero Bre­sao­la (già pres­i­dente del­la stes­sa Comu­nità) a quel­lo attual­mente in car­i­ca, Cipri­ano Castel­lani, dove si dice­va disponi­bile alla ces­sione. La Provin­cia con delib­era dell’ 11 set­tem­bre — con fon­di del­l’a­van­zo di ammin­is­trazione del 2005 — ha stanzi­a­to un con­trib­u­to di 200 mila euro alla Comu­nità per «incen­ti­vare l’am­bi­ente mon­tano lad­dove la Comu­nità potrà perseguire l’o­bi­et­ti­vo di svol­gere in maniera più conc­re­ta le sue fun­zioni di tutela e sal­va­guardia dell’ambiente».Uno stu­dio redat­to dal diret­ti­vo del­la Comu­nità e pre­sen­ta­to alla Reg­gia Scalig­era da Castel­lani ave­va richiesto il finanzi­a­men­to con questi scopi, oltre a quel­lo di tenere sot­to con­trol­lo un ambi­ente influen­za­to dal­la pro­pria forte vocazione tur­is­ti­ca, real­iz­zan­do un cir­cuito quan­to mai inter­es­sante con il pro­prio Orto Botan­i­co di Novezzina.«Pur essendo privi di risorse non pote­va­mo trascu­rare ques­ta occa­sione», spie­ga Cipri­ano Castel­lani nel­la sua sede di vil­la Nich­eso­la, «la per­izia tec­ni­ca ci dirà ora il prez­zo di mer­ca­to e gli even­tu­ali conguagli. Fare­mo ogni sfor­zo sapen­do che potremo farne un uso costante di rifu­gio alpino, ma anche un ined­i­to polo cul­tur­ale degli innu­merevoli aspet­ti del nos­tro Monte Bal­do. Sarà il rifu­gio dei nos­tri nove comu­ni (Brenti­no Bel­luno, Capri­no Veronese, Coster­mano, Fer­rara, Mal­ce­sine, Riv­o­li, San Zeno di Mon­tagna e Tor­ri del Bena­co), vi ospiter­e­mo stu­diosi, specie di botan­i­ca e comi­tive di appas­sion­ati di osser­vazioni nat­u­ral­is­tiche dal­la mete­o­rolo­gia, alla geolo­gia, all’as­trono­mia. Anche l’etno­grafia, i comu­ni di Capri­no e San Zeno stan­no restau­ran­do due delle 54 mal­ghe del Bal­do, Zoc­chi e Colonei, men­tre sono in prog­et­to di recu­pero anche le mal­ghe Orsa e Novezzi­na. Si trat­terà di met­tere a sis­tema tutte le risorse del­l’al­to Bal­do per ren­der­lo fruibile al tur­is­mo intel­li­gente», con­tin­ua Castel­lani. «Anche per adeguar­ci al liv­el­lo di altre zone alpestri dove queste inizia­tive cul­tur­ali sono oper­a­tive da anni, e con prof­it­to. Ecco allo­ra il rifu­gio — che man­ter­rà il suo nome — uti­liz­za­to al meglio da grup­pi, asso­ci­azioni, musei e , oltre che dai tradizion­ali sodal­izi del­la mon­tagna e dagli escur­sion­isti. La seg­giovia ripristi­na­ta agev­ol­erà il tut­to».

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