I tedeschi disertano il lago. Per carità, non è fuga di massa, ma gli operatori turistici cominciano a preoccuparsi. Già, ma albergatori, tour operator e amministratori locali se lo sono mai chiesto quale sia l’immagine del Garda lassù in Germania? Una risposta atipica, irriverente, dissacrante, viene da un tedesco che vive sulla riviera. È Herfried Schlude. È stato funzionario a Bruxelles. La moglie è italiana. «Siccome lei ha sopportato per ventisette anni la pioggia del nord Europa», dice, «adesso tocca a me sopportare l’Italia». Ma più che sopportazione, è amore: «Sono entusiasta di questa terra», ammette. Così i suoi amici gardesani non lo lasciano in pace: l’hanno nominato presidente della biblioteca di Gardone Riviera, l’hanno voluto nella confraternita del Groppello e la Comunità del Garda gli ha commissionato un testo sul «Lago dei tedeschi» confluito, insieme ad altri articoli di studiosi locali, nel volume «Il Garda, percezioni di un paesaggio». Allora, com’è questo lago nell’immaginario del popolo germanico? Schlude distingue fra il tratto settentrionale e quello centro-meridionale. Il nord è mèta dei «fanatici del divertimento: che la loro vacanza venga trascorsa in un luogo bello e ameno», annota, «è cosa ovvia. Ci sono molti posti come questo al mondo e, per coloro che abitano nei pressi di un aeroporto, sono anche facilmente raggiungibili. Quello che invece importa a loro è il senso di avventura, il kick. E in questo campo-giochi che è diventato per loro il lago di Garda, lo trovano». Più a sud, invece, ci vanno «turisti molto meno esigenti». Sentite il ritratto che ne fa Schlude: «Popolano i numerosi campeggi e si accontentano di sun and water, sole e acqua. Tutto il resto l’hanno portato da casa. Gli unici sacrifici finanziari sono devoluti al gelato del pomeriggio e alla pizza della sera. Questo è sufficiente a placare il loro bisogno di italianità, che naturalmente conferisce una certa eccitazione alla loro vacanza. La cosa a cui tengono di più è il sentirsi liberi di agire e di abbigliarsi in modo casual, senza doversi preoccupare troppo di sfociare nel ridicolo». Una descrizione impietosa. Il problema è la frase successiva: «È lecito domandarsi se i promotori del turismo del lago di Garda sono consapevoli che, stranamente, è proprio questa specie di vacanzieri che ha coniato l’immagine del lago a nord delle Alpi. Nella memoria dei tedeschi il Garda viene sempre più associato al fenomeno Rimini». Occorre rifletterci. Ancora di più bisogna meditare su un altro passaggio. I tedeschi amano viaggiare. La scelta del luogo di vacanza fa parte del prestigio sociale. «Ancora oggi», afferma Schlude, «è considerato chic recarsi in Italia sulle orme dei pellegrini, dei cavalieri o degli studiosi. Chi, però, cerca in Italia l’Italia, non va al lago di Garda. Non ha voglia di trovarsi nel bramato paese tra milioni di suoi connazionali e, ancora meno, tra gli zingari dei campeggi. In settembre, quando lo scambio di consigli confidenziali di posticini nelle Cinque terre o nelle Langhe diventa gradito argomento di conversazione durante la pausa per il caffè, si storce il naso a chi ha trascorso le vacanze al lago di Garda». Insomma: il Garda è poco trendy, è visto come luogo della vacanza massificata. Resta il fatto che, come osserva con ironia l’ex funzionario europeo, il Garda ha nei confronti dei tedeschi un lato positivo: la sua vicinanza alla civilizzazione. «Qui», osserva sarcasticamente, «i borseggiatori del mercato settimanale fanno il loro lavoro con discrezione, a differenza degli scippatori più a sud». Certo è che i tedeschi non li aiutiamo a capirci coi tanti cartelli bilingui. «Le insegne tedesche di oggigiorno, visibilmente redatte da non tedeschi», annota Schlude, «servono, in effetti, in primo luogo al divertimento almeno del pubblico tedesco: i suoi lettori si divertono a contarne gli errori». L’anno scorso una tabella del lungolago di Bardolino è finita sulla pagina umoristica di Der Spiegel. In italiano dice: «Vietato stendersi sull’erba», ma il «Verboten zu stampfen die beet» della sua improbabile traduzione tedesca non significa proprio niente. In fondo, secondo Schlude la ricetta del turismo filo-germanico è ancora quella di un grande viaggiatore tedesco del passato, Goethe: in Italia si trova il «senso di vita più libera». «Chi viene dal Brennero, al più tardi all’altezza di Trento», punge nel suo intervento, «ha già afferrato che in questa terra promessa non esistono limiti di velocità, anche se i cartelli stradali potrebbero suggerire quest’idea». Siamo poco rispettosi delle regole, ma questo ai tedeschi piace: vuoi vedere che a tenerli lontani è la patente a punti?
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Sempre più «luogo di divertimento tipo Rimini» e di «vacanza massificata»: i veri intenditori non scelgono il Garda
Ritratto irriverente di un ex funzionario europeo che da anni si è stabilito in riviera
Ecco come i tedeschi giudicano il lago
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