Ha appena aperto il reparto di terapia intensiva della casa di cura Pederzoli: cinque posti letto, con primario il dottor Giannantonio Carnelos, che proprio questo giovedì è stato inserito a tutti gli effetti nel circuito del 118. «Per la nostra struttura si tratta di un traguardo importante», dice il direttore sanitario Vito Bongiovanni, «che qualifica l’offerta sanitaria incrementando sia la tipologia di interventi che potranno essere effettuati sia il tipo di pazienti sui quali si potrà intervenire. Anche per gli atti chirurgici più semplici ora che c’è una terapia intensiva a supporto di tutte le fasi del post-operatorio». «Un supporto che, naturalmente, vale altrettanto per le varie emergenze del territorio, sempre in rapporto alle altre discipline presenti nella Pederzoli; un territorio che data la vocazione turistica, presenta una notevole mole di lavoro anche in questo senso», sottolinea il direttore sanitario, «e ne sono testimonianza le circa 25 mila prestazioni annue effettuate dal nostro pronto soccorso». «Con i colleghi anestesisti e il personale infermieristico, guidati dalla caposala Maria Massagrande, abbiamo iniziato a lavorare si può dire già poche ore dopo l’inaugurazione», spiega il primario dell’unità di terapia intensiva Carnelos, «il che conferma l’utilità e la valenza di questo servizio; e sono orgoglioso di poter affermare che per il numero di posti disponibili siamo un’unità piccola, ma la qualità delle attrezzature e dell’assistenza offerta è di assoluta eccellenza. In questo va dato atto ai responsabili di questo presidio ospedaliero, di aver pensato ad acquistare il meglio nell’investimento fatto per l’allestimento del reparto». Un reparto che, come ricorda ancora il direttore sanitario Bongiovanni, «realizza il modello di cura graduata che è alla base dell’ospedalità moderna, garantendo la continuità assistenziale anche nelle fasi più delicate e il massimo livello di sicurezza per il paziente». «Qui arrivano, e hanno già iniziato a farlo», riprende il dottor Carnelos, «pazienti in fase post-operatoria, da seguire per un tempo che può variare da qualche ora ad alcuni giorni, e altri cosiddetti critici attraverso la rete del 118. Alla centrale del 118 comunicheremo ogni mattina la disponibilità di letti che abbiamo e dei quali uno è già predisposto per l’isolamento». «Oltre ai monitor che controllano i nostri cinque letti, ve ne è uno collegato con i posti della cardiologia strumentale, così possiamo vegliare anche noi su quei pazienti; inoltre un breve corridoio ci collega direttamente con l’angiografia cardiologica, in modo da accelerare eventuali tempi di intervento. Senza dubbio ogni cosa può essere migliorata, e col tempo anche noi vedremo se e quali correttivi ci saranno da apportare; ma sono realmente convinto», sostiene il primario Carnelos, «che sia stato fatto un buon lavoro, prima di tutto a favore dei pazienti». L’interazione, oltre che con gli altri servizi, assume il suo significato più alto nella rapporto con i colleghi specialisti delle altre discipline. «La collaborazione con le altre professionalità operanti nella clinica», sottolinea ancora il primario, «è essenziale: una terapia intensiva deve calarsi nella realtà in cui agisce e legarsi a questa perché il trattamento dei suoi pazienti può aver bisogno dell’apporto di tutti; allo stesso tempo, però, la terapia intensiva è quel valore aggiunto in grado di creare qualità anche negli altri servizi. Questo reparto ha, dunque, una valenza anche culturale che se sfruttata adeguatamente può contribuire a creare dialogo tra tutti e favorire gli scambi tra le professionalità».
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