lunedì, Maggio 6, 2024
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Sala del Caesius piena per il dibattito sulla cementificazione. L’inviato dell’«Espresso» Biondani: «I politici di oggi hanno perso ormai ogni pudore».
Lorenzetto lancia il referendum: «Alt al cemento?». Dal pubblico arriva un sì «bulgaro»

«Il lago capitale da gestire»

Fame di boschi, di prati, di natura. Peccato, o per fortuna, sia solo il retaggio dei «giacobini del verde», come li ha definiti lo scrittore cattolico, di fama mondiale, Vittorio Messori nell’affollata riunione pubblica incentrata sul futuro del lago di Garda, svolta al Caesius Hotel di Cisano.Al suo fianco Paolo Biondani, inviato dell’«Espresso», autore di una inchiesta a 360 gradi sul binomio Garda-cemento. A moderare la conferenza dibattito, promossa da ben 18 associazioni e comitati ambientalisti che stanno operando in collaborazione nella zona del Garda-Baldo, l’editorialista del «Giornale» e di «Panorama», Stefano Lorenzetto. L’ex capo redattore dell’«Arena» ha, con abilità e mestiere, guidato una platea pronta a esplodere e sommergere di critiche i «padroni del vapore», alias i politici, ma soprattutto attenta a veicolare un messaggio che da decenni viene recitato, come una litania, da anime ormai sconsolate quasi senza più fede: «No alla cementificazione sul più grande lago d’Italia».Facile, in un simile contesto, votare con una maggioranza bulgara, nell’improvvisato referendum promosso con furbizia dallo stesso Lorenzetto, una moratoria contro il divieto assoluto di costruire sul Garda. «Non esiste, non ha senso», ha ribattuto Messori, lui che per difendere l’abbazia di Maguzzano e il territorio circostante di Lonato ha ricevuto più di una minaccia.«Non sono né un verde, né un ambientalista. Anzi guardo con sospetto al loro schematismo più adatto a fare danni che sviluppare il confronto. Ho lasciato Milano nel ’90 per andare ad abitare a Desenzano e da 18 anni, giorno dopo giorno, ho visto scomparire la ricchezza del territorio, (l’ambiente, ndr) per insipienza degli amministratori. Non appartengo ai qualunquisti pronti a sostenere che è tutto un “magna-magna” e non sono convinto che la speculazione derivi sempre da un interesse quanto, spesso, da ignoranza».«Non voglio», ha proseguito, «un Garda ingessato, fermo, ma solo una sagace gestione del territorio, un capitale d’amministrare come si fa con i nostri soldi in banca. Ogni volta che si distrugge un vigneto, per fare un pollaio di seconde case inutili, non si fanno certo gli interessi del Benaco. I mantovani, i bavaresi si portano tutto da casa e in una settimana al massimo consumano sette pizze fuori dalle mura domestiche. Il Garda non è Rimini e dovrebbe essere come Forte dei Marmi aperto a un turismo ricco», ha continuato Messori.«Inutile fare i demagoghi e populisti dobbiamo tendere a un turismo d’elite perché questa è la vocazione del Benaco che non è un luogo per fagottari. La bellezza non è di tutti e ha un costo», ha concluso con franchezza e chiarezza lo scrittore milanese lasciando la parola a Biondani.Il giornalista nativo di Lazise ha snocciolato i dati dell’ultimo decennio sulla cementificazione in Italia e nel Veneto dimostrando che nonostante le tante belle parole il cemento avanza ovunque inesorabile.«Provate a fare un giro in motoscafo e guardate le sponde del Garda vedrete che dove un tempo c’era il verde ora è tutta una striscia di grigio. L’ambiente è il nostro tesoro, l’abbiamo ricevuto dai nostri padri dovremmo difenderlo e lasciarlo ai nostri figli. Il problema è che ora non c’è più nemmeno il senso del peccato e della vergogna. C’è poca speranza che la stampa possa incidere perché i politici di oggi, a differenza dei tempi della Dc, non hanno più vergogna di essere presi con le mani nel sacco. Anzi si ripresentano alle elezioni. Non esiste poi una forte rappresentanza politica dei verdi», ha concluso Biondani lasciando spazio all’interessante dibattito terminato poco prima di mezzanotte con la sala ancora gremita di gente.

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