lunedì, Maggio 6, 2024
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L’ex esponente leghista all’attacco: «L’integrazione con gli immigrati è impossibile, si crei un territorio solo per i lombardo-veneti». Orini: «Una riserva bresciana nell’alto Garda»

LA PROVOCAZIONE

Una «riserva» vera e propria nel cuore del Parco Alto Garda bresciano, dove vivere all’insegna della cultura e della tradizione lombardo-veneta. La provocazione l’ha lanciata in questi giorni Giancarlo Orini, ex esponente di spicco della Lega nord bresciana. Un’idea stravagante ma attuabile, secondo il promotore. «Una casa dove sentirsi sicuri, protetti – sottolinea – e soprattutto circondati da gente che ci somiglia, che è stata cresciuta con i nostri stessi valori. Persone su cui si può contare, di cui si può avere piena fiducia, persone genuine, solidali, proprio come lo erano i nostri nonni». Una «riserva» autonoma, capace di sostentarsi e portare avanti i mestieri di sempre: dalla pastorizia all’artigianato, al turismo, ai servizi. «Un posto dove sentirsi padroni a casa propria, dove extracomunitari e meridionali non abitano, semmai, ci passano da turisti». Questo progetto provocatorio Orini lo sta portando avanti da due anni a questa parte. «Parlo da ex leghista sconfitto – racconta -, ora mi ritrovo ad essere parte di una minoranza e mi sento debole. Così mi è venuta voglia di ritirarmi in una sorta di fortino per il sentimento di disagio che provo passeggiando in città». Del resto, una provocazione al limite dell’ironia era già stata lanciata negli anni scorsi, nel 1997, dallo stesso Orini, allora componente del Circolo Lombardia, assieme ad altri due indipendentisti, con la consegna simbolica in piazza Tebaldo Brusato delle chiavi della città a Loba Loba, un ivoriano da anni residente in Italia «come resa a coloro che saranno i padroni». Via San Faustino, via Porta Pile, la salita per il Castello: secondo Orini, passeggiare in alcuni momenti della giornata in queste zone è problematico: «Spesso ci si trova da soli, circondati da extracomunitari, e per me questo è un grosso disagio. Credo di avere il diritto di aver paura di questa gente, di non sentirmi a mio agio tra loro, pur rispettandoli. Sono convinto che presto predomineranno, e questo non mi piace». Una società multietnica? Per Orini è un’utopia. «Basta pensare all’America, certo ci sono genti di tutti i popoli ma ci sono i quartieri Little Italy o Cinatown, ed è normale che sia così perché le persone cercano i propri simili. Io ho viaggiato parecchio e conosco l’Africa, in particolare la Costa d’Avorio. Mi rendo conto che se io dovessi andare a vivere in quella terra, vorrei vivere all’italiana, nel rispetto delle loro norme ma con le mie comodità, con le mie tradizioni, con il mio modo di pensare. Pretendere che questa gente si integri con noi, rinunciando alla loro storia e al loro modo di vivere, è assurdo». «Perché obbligarli – si chiede Orini -? Proprio perché ritengo sia ingiusto e non ipotizzabile, preferisco ritirarmi in una riserva, un luogo dove mi sento sicuro, dove sono a casa, tra gente che la pensa e che vive esattamente come me». Il cuore della riserva per Gian Carlo Orini dovrebbe essere la zona tra cima Rest e Magasa, in Valvestino, che meglio si presterebbe per conformazione geografica al progetto. L’ingresso e la permanenza sarebbero permessi solo a bresciani, lombardi e veneti, più vicini per usanze e tradizioni, con una condizione: «Che abbiano voglia di lavorare». Sì, perché la riserva deve trovare da sola i mezzi per sostenere e sfamare i suoi abitanti. «Dovremmo puntare molto sul turismo, l’artigianato e i prodotti locali» aggiunge l’ex leghista. Niente selezioni: «E’ una cosa che viene da sè». Il sogno? «Dimostrare che è un progetto che può funzionare e che proprio per questo il modello può essere copiato da altre regioni o territori». Intanto c’è un appello: a chi fosse interessato non resta che contattare l’ideatore di questo progetto.

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