martedì, Aprile 30, 2024
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La cucina del Garda. Piatto agrodolce di origine medievale veniva servito con il raro carpione

La Serenissima diffondeva il Sisàm alle corti europee

Oggi viene considerato un piatto rustico e popolaresco, eppure un tempo lo si serviva nelle corti nobiliari. Il sisàm, purtroppo sempre meno presente sulle tavole rivierasche, è uno dei monumenti della cucina gardesana. Sbagliato riferirlo, come fan tanti, alla località di Cisano: la similitudine fra il nome dialettale del paese e quello della ricetta è casuale. Sisàm, come ha insegnato Pino Crescini nel Vocabolario dei pescatori di Garda , viene dal latino volgare incisamen, che sta a significare il cibo tagliuzzato. E ad esser tagliate grossolanamente sono le cipolle, ingrediente fondamentale insieme con le alborelle essiccate. Per stufare pesce e cipolla si usano olio ed aceto. E a Brenzone si aggiunge anche un pizzico di zucchero e talvolta di spezie. Che per fare un buon sisàm occorresse lo zucchero lo asseriva Francesco Gaioni, detto Belòti, pescatore professionista di Castelletto, scomparso qualche anno fa. Belòti sosteneva che serviva a «togliere l’acidità» al piatto. Il che è plausibile: in cucina lo zucchero è spesso utilizzato per attenuare i sapori acidi. Ma l’agrodolce (aceto e zucchero) fa pensare soprattutto ad un’origine antica del piatto. Lo zucchero, in particolare, potrebbe aver sostituito in tempi moderni il miele, dolcificante storico. E un ulteriore interessante indizio di possibile storicità viene da un altro pescatore brenzonese: Franco Zamboni, detto Pechino. La sua versione del sisàm è contenuta nel libretto Pesci, pesca e cucina del lago di Garda e prevede l’uso dei chiodi di garofano. L’agrodolce e le spezie insieme rimandano alla cucina medievale. Una conferma della vetustà del sisàm viene da un ricettario manoscritto d’area veneziana, probabilmente trecentesco, conservato alla biblioteca Casanatese di Roma. Vi si legge la ricetta di un «cisame de pesse quale tu voy»: corrisponde sostanzialmente al sisàm ancora in uso sul Garda. Prevede cipolla, aceto, miele e spezie, come a Brenzone, anche se si applica non già alle alborelle, bensì a qualunque varietà di pesce. Sul lago l’uso gastronomico del cisame potrebbe essere arrivato dunque secoli fa da Venezia, dov’è oggi scomparso. E la ricetta potrebbe essersi conservata nella sua forma originale proprio a Brenzone per il lunghissimo isolamento patito da questa località (la strada Gardesana vi è giunta solo negli anni Venti). Il cisame lo troviamo anche nel Libro Novo di Cristofaro di Messisbugo, scalco e amministratore presso la corte estense nella prima metà del Cinquecento. Scrivendo di una cena imbandita nel 1529, menziona fra i piatti serviti anche un prodotto gardesano: il carpione, guarda caso coperto di cisame. Questo raro salmonide, è noto, vive solo nelle acque del Garda: chi ce l’aveva portato a Ferrara? La risposta possiamo tentare di darla: probabilmente erano stati i due ambasciatori veneziani che sedevano fra i commensali. Perché Venezia utilizzava i carpioni del Garda come dono di rappresentanza nelle corti europee. Altro che piatto povero: il sisàm ha nobilissime origini. Peccato stia sempre più affievolendosene l’uso nelle case e nei ristoranti del lago.

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