«A tre mesi dalla vendemmia l’uva del Lugana è già tutta venduta: perché dobbiamo distruggere con il tracciato ad Alta velocità qualcosa che ha un immenso valore? Perché invece di far rientrare in una legge di tutela e salvaguardia come patrimonio intoccabile dalle infrastrutture che comprometteranno irrimediabilmente non solo l’economia di questo territorio ma anche la sua storia, cultura e tradizioni, siamo considerati progettualmente sacrificabili?»A parlare è Francesco Montresor, primo veronese ad essere eletto, qualche settimana fa, presidente del Consorzio tutela Lugana Doc. Montresor dà voce ad una protesta tutt’altro che nuova per i produttori di questo vino così pregiato.«È così, infatti, ed anche questo è un concetto che vorrei sottolineare: non siamo una zona depressa o sfortunata; tutt’altro: il vino Lugana vive la sua stagione più fortunata. È diventato un vino di moda, i mercati stranieri, Stati Uniti in testa, impazziscono letteralmente per il nostro bianco e noi cosa facciamo? Distruggiamo il 20 per cento della sua produzione con un’infrastruttura che anche noi riteniamo utile, ma che siamo convinti andrebbe spostata. E non solo per proteggere la produzione del Lugana».Montresor sottolinea, infatti, il forte legame tra questo vino e il suo territorio di origine. «Il successo del Lugana non è casuale; è dovuto alla sua tipicità, all’irripetibilità delle argille bianche che compongono il nostro terreno e che si trovano solo qui. Ma allora perché devastare quest’area in questo modo? Un intervento simile, il cantiere che richiede comprometterà l’intera economia della zona: il movimento degli automezzi, le polveri sottili, possibile che nessuno si renda conto dell’impatto che tutti questi fattori avrebbero su un’area che vive prevalentemente di turismo?».Di fronte a questi fattori la decisione del Consorzio di mettere nero su bianco le preoccupazioni e la disponibilità a motivare in qualunque sede la richiesta di variante.«Abbiamo preparato una lettera che in questi giorni abbiamo spedito al Consorzio Tav, ai ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture, ad altri Consorzi e agli enti e associazioni interessati. Riteniamo cruciale, infatti, il periodo che stiamo vivendo: il 23 luglio si saprà dove l’Europa farà passare il cosiddetto Corridoio 5, se a Nord o a Sud delle Alpi. Ci rendiamo, quindi, perfettamente conto della difficoltà a pensare ora a un progetto alternativo. Per altro, nel 2003, noi avevamo già siglato un protocollo d’intesa con cui chiedevamo già allora di valutare un tracciato alternativo e a quel documento non fu mai data risposta».«Ci riproviamo adesso, consapevoli di come si tratti di una sorta di “ora o mai più”. Tutelare questo vino e questo territorio significa salvare la sua storia e tradizione. Perché rischiare di rovinare un patrimonio simile e in un momento di così grande positività e crescita?” «Forse bisognerebbe pensare a quanto è accaduto in Francia: quando fu pianificata l’Alta velocità, le contestazioni sollevate dal primo progetto portarono a una deviazione di percorso proprio per evitare di distruggere, nel Sud della Borgogna, quel monumento nazionale rappresentato dai vigneti di Chardonnay del Montrachet».
Il presidente del Consorzio: «In Francia deviarono per salvare i vigneti»