sabato, Maggio 4, 2024
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Un convegno a Sirmione. L’Iseo è il bacino messo peggio: i «veleni» camuni sono depositati sul fondo. Idro e Sebino senza collettori. Garda: in agguato la tracimazione dei reflui

Laghi a rischio per fosforo e azoto

Gli anni e i milioni di euro necessari a risolvere definitivamente il problema dell’inquinamento dei laghi bresciani non si contano di certo su due mani. Il problema principale riguarda il collettamento della rete fognaria, ultimato sul Garda, assente sul Sebino, in fase di appalto sull’Eridio. E’ soltanto uno dei temi affrontati nella giornata di studio interregionale «L’acqua dei nostri laghi; tutela igienico sanitaria delle acque lacustri» tenutosi ieri a Sirmione e organizzato dall’Asl di Brescia e dalla Regione Lombardia con il patrocinio dell’università degli Studi di Brescia e del Comune di Sirmione. Un convegno «storico», in quanto ha visto seduti allo stesso tavolo uomini delle aziende sanitarie e delle istituzioni delle tre Regioni bagnate dal Garda (Lombardia, Veneto, Trentino). Positivo il bilancio della giornata, conclusasi con la promessa reciproca di una maggior sinergia tra i diversi enti al fine di salvaguardare le acque lacustri. Vittorio Carreri, consulente dell’assessorato regionale alla Sanità, ha proposto la sottoscrizione di un protocollo sulla tutela delle acque da sottoporre alle tre Regioni; si dovranno adottare comuni metodi di controllo, da comparare nel corso di una conferenza annuale. Non si è parlato solo di lago di Garda, ma anche di Iseo e Idro. Il principale problema? «I laghi sono carichi di fosforo e azoto – taglia corto Fabrizio Speziani, responsabile del laboratorio di Sanità Pubblica dell’Asl di Brescia -, soprattutto il Sebino e l’Idro mentre il Garda è tutelato dalle sue maggiori dimensioni e dal collettore circumlacuale». Collettore che non regge ai forti temporali, quando l’eccesso di acque «nere» e «bianche» (piovane) fanno entrare in funzione gli scolmatori, scaricando nel lago i reflui eccedenti. La mancata divisione di acque nere e bianche porta alla luce un annoso problema: la mancanza di programmazione, che anni addietro non ha debitamente tenuto conto della crescita urbana dei paesi lacustri, costruendo depuratori che ora risultano sottodimensionati . Lo ha ricordato anche Gianfranco Comincioli, presidente del consorzio Garda 1. Messo peggio di tutti è comunque il lago di Iseo, definito «scadente» (in base al decreto legislativo 152/99) dalla Regione Lombardia nel suo «piano strategico per l’uso razionale le risorse idriche» (27 febbraio 2004). I perchè? «La Valle Camonica è depurata solo in minima parte – ricorda Speziani -; inoltre la conformazione geologica del lago permette un minor ricambio d’acqua». Inoltre gli inquinanti scaricati nel corso degli anni dalle aziende camune sono così depositati sul fondo del Sebino e serviranno decenni per il loro smaltimento. L’Idro possiede impianti di depurazione ma non un collettore che raccolga i reflui. In Conclusione: gli scarichi finiscono ancora nel lago. In mattinata si è parlato anche della futura modifica Cee alla legge che norma la balneabilità delle acque lacustri: entro 3 anni sarà più facile che i nostri laghi siano balneabili, in quanto verranno innalzati di circa il doppio i limiti di legge per le sostanze inquinanti. «Oggi vige il dpr 470/82, la stessa legge adottata per le acque marine – spiega Speziani -; troppo rigida, visto che i suoi limiti sono 5 volte superiori a quelli tedeschi». Soddisfatta del convegno Annamaria Indelicato, direttore sanitario dell’Asl bresciana: «oltre ad una auspicabile sinergia tra tutte le istituzioni è emersa anche la necessità di una valutazione generale della rete sanitaria che va al di là dell’analisi delle acque di balneazione. Mi riferisco alla continuità assistenziale, alle guardie turistiche, alla gestione delle emergenze: i turisti non chiedono solo posti belli ma anche certezze sanitarie».

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