L’oasi naturale, nonché «sito di interesse comunitario», del laghetto del Frassino è stato ed è oggetto di un intervento di riqualificazione promosso e attuato dalla Provincia di Verona. I primi risultati di questo progetto sono stati il recupero dell’ambiente ripariale, il reinsediamento delle originarie specie arboree e la realizzazione di un percorso didattico utilizzato, soprattutto in questa stagione, dalle scolaresche.Iniziato nel 1999-2000, l’intervento ha avuto due battute d’arresto, nel 2003 e nel 2005, ed è stato ripreso da quest’anno. È realizzato in collaborazione con l’ente regionale «Veneto agricoltura», il Comune di Peschiera e il Consorzio di bonifica Adige – Garda.«L’intervento è importante proprio per la peculiarità e il valore ambientale del sito stesso», sottolinea Luca Coletto, assessore provinciale alle Politiche faunistico-ambientali, «vale sicuramente la pena valorizzare i biotipi che lo contraddistinguono e fare in modo che possa essere conosciuto valorizzando i suoi aspetti naturalistici: penso al percorso recuperato, alla cartellonistica e alle tabelle che spiegano ciò che si osserva in quei punti».Riguardo alla presenza di alcuni edifici sulle rive del laghetto, l’assessore dice: «siamo in presenza di un Sic penso quindi che strutture recuperate siano più idonee a questo sito di quanto non lo possano essere case dimesse e cadenti. È chiaro, però, che ogni intervento deve essere mirato e focalizzato all’obiettivo, cioè il recupero ambientale; la speculazione o lo sfruttamento del sito sono un’altra cosa».Nei giorni scorsi alcuni ricercatori inglesi erano al laghetto del Frassino per uno studio sui fondali dei laghi minori promosso dalla Comunità europea. Sono stati sorpresi dalla notizia della totale assenza di ossigeno, e quindi di vita, al di sotto dei cinque metri dalla superficie dell’acqua. Causa di questo fenomeno, spiega la pubblicazione sull’oasi curata proprio dal settore faunistico – ambientale della Provincia, è «l’elevato grado di eutrofizzazione cui versa il laghetto. Il deficit di ossigeno determina sia la rarefazione e scomparsa delle specie sensibili all’inquinamento e maggiormente legate al substrato, sia una riduzione degli habitat disponibili con conseguente riduzione in termini quantitativi della biomassa ittica totale». Uno stato di salute tutt’altro che ottimale, dunque, per un’oasi naturalistica che, sostiene l’assessore, «non possiamo permetterci di far morire. Andranno studiati e valutati gli interventi necessari, anche di verifica delle situazioni in atto, e promossa un’azione di concerto con gli altri enti interessati».
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Il sito, secondo studi svolti da ricercatori inglesi, non gode di buona salute. In corso interventi di riqualificazione promossi dalla Provincia