domenica, Aprile 28, 2024
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I comitati rilanciano: il Tar si è espresso su un progetto preliminare, quindi le modifiche sono ancora possibili. Sotto accusa il tracciato ferroviario: pronto il ricorso al Consiglio di Stato

«Tav, la linea va spostata a sud»

«Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso dei Comuni contro l’Alta Velocità solo perché il ricorso sarebbe stato presentato troppo presto, visto che l’unico progetto su cui si discute è quello preliminare; quindi nessuno ha ancora messo in dubbio la validità delle nostre perplessità sulla legittimità della procedura adottata dal Governo per realizzare la nuova ferrovia; e ora che siamo finalmente venuti in possesso della delibera di approvazione del Cipe, i dubbi e le preoccupazioni si sono moltiplicati». Laura Richelli, portavoce del Coordinamento comitati anti-Tav, non usa mezzi termini nella critica al documento che approva la linea Milano-Venezia dell’Alta velocità-capacità; documento che sarà inviato ai futuri amministratori di Provincia e Comuni perché intervengano nelle sedi opportune affinché si riesamini il tracciato. «Cominciamo dall’ennesima mancanza in fatto di procedura: l’Alta velocità è inserita nel Piano generale Trasporti e Logistica, approvato con Dpr il 13 marzo 2001; il Cipe», dice Richelli, «cita questo Piano di riferimento ma senza l’elemento fondamentale: le opere al suo interno dovevano essere sottoposte a Valutazione ambientale strategica, in pratica la verifica di tutti gli impatti sul territorio non solo per l’immediato ma anche a lungo termine. «Cioè, in sostanza, lo strumento che valuta la reale sostenibilità dell’infrastruttura; il Cipe si limita a riferire il parere positivo della commissione Via (Valutazione di impatto ambientale), non sufficiente per le opere nel Pgtl». Il secondo rilievo riguarda la disparità di atteggiamento rispetto alle prescrizioni richieste dalle regioni interessate dalla tratta, Lombardia e Veneto. «Per la Lombardia vengono puntualizzate le osservazioni al punto che il Cipe fa riferimento ad interventi specifici come la galleria di Lonato (Bs)», ribadisce la componente dei comitati anti Tav; «del Veneto ci si limita alla dichiarazione generica che dice che la Regione “si è espressa positivamente sul progetto con prescrizioni”». «Ma queste prescrizioni quali sono? Forse la tutela del santuario e del laghetto del Frassino sono meno importanti della galleria di Lonato? A meno che il quesito non debba essere posto alla Regione, per capire quali sono le prescrizioni che ha dato, se le ha date, alla Tav. Quando il cantiere dell’autostrada Milano-Venezia è arrivato nel territorio del Frassino, ci sono voluti mesi per superare il problema dell’acqua; e qui la linea ferroviaria dovrebbe addirittura passare sotto. La realtà è che non si ha la più pallida idea del disastro che si produrrebbe e ancora ci si ostina a non considerare lo spostamento a sud del tracciato». Proprio le conseguenze del cantiere sono oggetto del terzo rilievo, che tocca i 384 milioni di euro stabiliti dal Cipe «a titolo di oneri per opere e misure compensative dell’impatto territoriale e sociale». «384 milioni di euro per l’impatto sociale e ambientale: non è molto se si pensa che questa cifra include tutto quel che riguarda i 112 chilometri di tracciato da Milano-Venezia, dagli espropri in avanti; non mi pare che si possa realisticamente pensare alla possibilità di tutelare aree e siti particolari come, appunto, quelli di questa zona a cominciare dal santuario e laghetto del Frassino». «Per questo continueremo la nostra battaglia, con il ricorso al Consiglio di Stato; e ci auguriamo», conclude la Richelli, «che i nuovi amministratori locali che usciranno dalle elezioni vogliano impegnarsi per impedire il totale stravolgimento del nostro territorio e della sua economia».

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