martedì, Aprile 30, 2024
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Allarme sull’ipotesi della Finanziaria di escludere le cure dal Servizio sanitario. Il presidente: «Effetti devastanti e lo Stato non risparmia»

«Terme, si rischia il collasso»

Terme bresciane, allarme rosso: ad agitare le acque è l’ipotesi – prevista secondo indiscrezioni dalla nuova legge Finanziaria – di escludere le cure termali dal Servizio sanitario nazionale. Una mazzata per un settore già duramente provato in passato da tagli anche drastici, che hanno obbligato molte stazioni termali a riconvertirsi al fitness, riducendo gli spazi per le classiche cure idropiniche, per inalazioni, massaggi, bagni, fanghi. Se una simile ipotesi dovesse trasformarsi in realtà, per le cinque stazioni termali bresciane – Sirmione, Boario, Angolo, Ome e Vallio – sarebbe il collasso. Una prospettiva che apre preoccupanti scenari, come conferma il presidente di Federterme, Costanzo Jannotti Pecci. «Questa decisione avrebbe effetti devastanti sulle economie locali», con «la perdita di migliaia di posti di lavoro». Per Jannotti Pecci, l’ipotesi non determinerebbe risparmi, ma una perdita di 400 milioni di euro: «Il costo è di 100 milioni. Di sola Iva da attività dirette e indotto lo Stato recupera 500 milioni di euro». Il consigliere delegato della Società Terme di Sirmione, Filippo Maria Fernè, preferisce invece non commentare, rinviando a questa mattina una eventuale presa di posizione. In ogni caso, l’ipotesi di un’esclusione delle cure termali dal Servizio sanitario nazionale sarebbe la conseguenza di una stima erronea dei costi sostenuti dallo Stato, molto più alta del dato reale. «Va chiarito bene – sottolinea il presidente della Federazione delle industrie termali, che fa riferimento a Confindustria – che il costo è solo di 100 milioni di euro. Il Governo pensa che comporti un onere più alto, e che così potrebbe recuperare risorse. La realtà è invece che il saldo per lo Stato è in attivo: escludere il settore dal Servizio sanitario sarebbe come darsi la zappa sui piedi». La spesa «è assolutamente sotto controllo, è sempre rimasta all’interno dei limiti che ci eravamo dati – dice Jannotti Pecci – negli accordi annuali tra Federterme, Regioni, e ministero della Sanita, accordi molto puntuali previsti dalla legge di riordino». Spesa «sotto controllo» tanto che nel 2001 l’onere per il Servizio sanitario nazionale «è stato più basso delle attese, 195 miliardi di vecchie lire rispetto ai 200 preventivati». Federterme dice «no» ad una misura così drastica come l’esclusione dal Servizio sanitario nazionale, ma «sul ticket siamo aperti – afferma il presidente – a ragionare sull’ipotesi di rivederne la misura, oggi intorno ai 35 euro, e di introdurre un aggiornamento annuale programmato». Costanzo Jannotti Pecci conferma che, con l’esclusione dal Servizio sanitario, molte stazioni termali rischiano la chiusura, e che «ci sono territori che senza le terme scompaiono, chiudono: è come cancellarli dalla carta geografica. Basti pensare ad Ischia, Abano, Salsomaggiore, Sirmione, Salice e, al sud, a Telese, Castellammare, Acireale, Guardia piemontese, e tanti altri». Federterme, sottolinea il presidente, «ha dimostrato in modo scientifico che l’utilizzo di cure termali fa risparmiare farmaci, giornate di assenza dal lavoro, giornate di ospedalizzazione: si risparmia con interventi di bassissimo costo per lo Stato». Secondo dati di Federterme, il Servizio sanitario nazionale genera, direttamente o indirettamente, l’86% dei 362 milioni di euro del fatturato complessivo del settore termale riferito alle sole prestazioni sanitarie. L’indotto è di 3,6 miliardi di euro. Il fatturato a carico del Servizio sanitario nazionale, 100 milioni di euro, incide per lo 0,13% sulla spesa sanitaria pubblica prevista per il 2002. Il settore conta 65 mila posti di lavoro, e offre cure per un milione e mezzo di persone.

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