venerdì, Aprile 19, 2024
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«Allora nessuno voleva farlo». Mario Sala, sarto, è appassionato ma non suona

Da 30 anni presidente della Filarmonica

Un trentennale salato. Mario Sala, presidente della Filarmonica ininterrottamente dal 1971 ad oggi, festeggia l’ambìto traguardo offrendo questa sera una cena a tutti i musicisti e i coristi della gloriosa formazione sorta nel 1858 sotto il governo austriaco. Ottanta persone circa, per un presidente che in paese è diventato, di diritto, un’istituzione. Di professione sarto, Sala ha una passione sfrenata per la musica, anche se poi non suona alcuno strumento. «Se proprio serve», ironizza, «mi metto anche alla grancassa, sempre – però – a rischio e pericolo dei presenti». Il suo piccolo atelier di via Lenotti è il punto di ritrovo, il laboratorio d’idee e di iniziative della Filarmonica; e questo nonostante il fatto che la Filarmonica una propria sede ce l’ha – ampia e comoda – nello stabile delle scuole medie. Nel negozio ribattezzato «delle quattro “s” e delle due “c”» (e cioè «slargo, slongo, strenso, scurto e con calma»), Mario Sala dirige e pianifica insieme ai suoi stretti collaboratori l’intensa attività del gruppo che nel 2002 si appresta a raggiungere quota 1.500: tanti sono i concerti tenuti sotto il «regno» del sessantunenne benacense, originario di Garda. Presidente – alla faccia della rivalità fra i due centri divisi dalla Rocca – della più gloriosa associazione di Bardolino. «Ricordo bene», dice, «quando Enzo Ruffato e Alessandro Bazerla detto «il Taba» vennero a casa per chiedermi il permesso di far cantare la mia ragazza nella Filarmonica. A quel punto, ovviamente, mi aggregai anch’io, per amore. Era la primavera del 1964». Sette anni dopo, la scalata alla presidenza. «Macché meriti», scherza Sala. «La verità è che nessuno voleva saperne, di ricoprire quell’incarico». La storia dura ormai da sei lustri, e senza il minimo interregno. Sotto la sua guida si sono avvicendati alla corale maestri del calibro di Ruggero Giusti, Mario Gelmetti, Jan Langosz, Flavio Martinelli, Renzo Leasi, Giorgio Avanzini, Luca Colombarolli e Piero Gaspari. E in questi lunghi anni, la Filarmonica – con cadenza fissa settimanale – ha sempre tenuto i suoi concerti estivi in piazza Matteotti, è volata a New York per tre stagioni consecutive, ha prodotto una decina di dischi, organizzato numerose manifestazioni con giovani talenti oppure con grandi nomi della musica, ovvero con personalità come Ivo Vinco, Giuseppe Zampieri e la soprano olandese Gre Brouwenstin. E non è tutto. In giugno di quest’anno, la nostra artista romana Cecilia Bartoli ha scelto in incognito la sede della Filarmonica per provare alcuni pezzi. Notizia, questa, custodita gelosamente esattamente come quelle che riguardano le adozioni a distanza sostenute dal gruppo, le raccolte di fondi per i terremotati del Friuli e dell’Irpinia, e per i bambini degli orfanotrofi delle isole Eolie. Insignito dell’onorificenza di cavaliere della Repubblica dal presidente Sandro Pertini, e proclamato ufficiale da Oscar Luigi Scalfaro, ha visto crescere sotto i suoi occhi giovani talenti che nel tempo sono diventati affermati professionisti richiesti in Italia e in tutto il mondo. È il caso del figlio Daniele, di Francesco e di Sonia Zanetti, di Roberto Erculiani, di Arianna Azzolini e di Flavio Martinelli, clarinetto all’Arena. Niente male, per chi tra un risvolto dei pantaloni e un vestito da appuntare ha dedicato la sua vita alla musica.

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