venerdì, Maggio 3, 2024
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L’«avamposto» di don Mazzi e Lilli Gruber: accettare la diversità non ci deve spaventare

Al capitolo di Exodus platea conquistata dal fondatore e dalla giornal

In che modo i giovani (e non solo) possono uscire dalle oppressioni della società di oggi? Se ne è discusso al Garda Village di Sirmione in occasione del XVI capitolo di «Exodus», la fondazione di Don Antonio Mazzi che si propone di aiutare i ragazzi con problemi di tossicodipendenza e disadattamento sociale. Alla tavola rotonda dedicata al tema «Scegliere di essere avamposto, di rimanere avamposto» hanno partecipato Don Antonio Mazzi, la giornalista e parlamentare Lilly Gruber, il presidente nazionale Acli Gigi Bobba, il presidente nazionale del Csi Edio Costantini, il presidente di Agesci Lino Lacagnina. Tra canti e momenti di meditazione l’incontro è iniziato con l’intervento di Don Mazzi: «In una società statica come quella di oggi diventa necessario passare dalla norma all’avventura, dallo sballo al cammino. Noi siamo nati come avamposto e non come un «posto», siamo nati per camminare e non per fermarci. Lo dico perché ho l’impressione che sia più facile rimanere seduti, la società spaventa gli adolescenti che vivono senza ideali e senza motivazioni». I giovani, ha detto ancora Don Mazzi, sono convinti che non esista più la sicurezza e proprio per questo motivo occorre aiutarli a cercare in se stessi e negli altri quello che c’è di buono. Ma come vede Don Mazzi la società italiana? Qual è la situazione attuale e che cosa si deve fare per migliorarla? «Per quanto riguarda per esempio gli immigrati nel nostro paese è inutile cercare regole dove mancano le leggi. Bisogna capire che occorre regolare i flussi non quando i motoscafi sono già sbarcati sulle spiagge italiane ma direttamente da dove partono; per questo bisogna procedere sulla strada della mediazione e dell’accordo», spiega. Altro tema importante quello della donna: «Deve essere rispettata, indipendentemente che indossi o meno il burqa. Occorre avere pazienza ed accettare le diverse culture perché devono essere le donne a capire, a maturare e ad esigere il rispetto dagli altri». Poi l’intervento di Lilly Gruber. La giornalista ha parlato della sua infanzia, della carriera, delle difficoltà che ha incontrato e di come poi è arrivata alla politica. «I miei genitori mi hanno sempre insegnato a non aver paura delle diversità e di non credere nello sciocco nazionalismo, un insegnamento che ha segnato tutta la mia vita. Del resto ho scelto un mestiere in cui spesso si incontrano persone diverse da noi stesse perché fare il giornalista significa proprio fare il traduttore di una realtà complessa. Per arrivare in Rai non sono passata né dai partiti politici né dai letti dei potenti: ho scelto di essere il cane da guardia del cittadino e non il barboncino del potente di turno» spiega la Gruber. «Durante i vent’anni in Rai mi sono sempre trovata in una situazione di avamposto dal momento che mi sono impegnata a difendere il servizio pubblico dall’ingerenza dei partiti politici. Con il governo Berlusconi è diventato impossibile tenere dei dibattiti in Rai. Proprio questa situazione intollerabile mi ha portata ad entrare in politica, strumento fondamentale per la crescita e la difesa della democrazia».

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