lunedì, Gennaio 20, 2025
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A partire dal 1956, Mario e la moglie Elisabetta hanno accolto decine di profughi

Casa Hoffer, piccola «ambasciata» ungherese

«Dai documenti storici e dai ricordi degli ungheresi esuli in Italia emerge che Lei e Sua moglie, la signora Erzsébet Magasházy, con il Vostro nobile e generoso operato, offriste un notevole contributo al miglioramento delle condizioni di vita dei profughi in Italia». Così, recita la lettera giunta all’inizio di ottobre a casa del rivano Mario Hoffer – al civico 6 di viale S. Francesco – che, firmata dall’ambasciatore ungherese, annunciava ai due coniugi il conferimento di un attestato di benemerenza da parte della repubblica magiara e li invitava nella capitale per la solenne cerimonia di consegna, svoltasi giovedì scorso alla presenza del presidente Ciampi.Ottobre 1956: i carri armati sovietici marciano su Budapest, soffocando nel sangue la rivolta popolare che chiedeva democrazia. Il primo ministro Imre Nagy, che aveva appoggiato l’insurrezione viene deposto e nel 1958 giustiziato: il suo posto viene preso da “filosovietico” Janos Kadar. Seguono epurazioni e vendette, le libertà personali vengono sopresse e migliaia di ungheresi fuggono all’estero. In questo drammatico quadro storico, s’inserisce l’attività di Mario Hoffer e di sua moglie Erzsèbet “Elisabetta”, vero e proprio punto di riferimento per gli esuli e le loro famiglie. Mario ed Elisabetta hanno vissuto in Ungheria fino al 1949: lui rivano industriale tessile, lei nata a Budapest funzionario ministeriale si sono sposati nel 1945, ma la nazionalizzazione delle fabbriche attuata dal governo nel 1948 li ha ridotti sul lastrico, constringendoli alla fuga in Italia: i due valicano la frontiera con un figlioletto di 4 anni e i soli vestiti addosso. Fortunatamente Mario possiede una casa di famiglia (quella dove vivono tuttora) e da là inizia la loro nuova vita. Lui inizia a lavorare alla Radi di Rovereto, ma Elisabetta è schiacciata dalla nostalgia per il proprio paese («Il dolore psicologico era tale – spiega – che non sentivo più i sapori delle pietanze») e, a partire dal 1956, può mostrare quanto grande fosse l’amore per la sua terra e la sua gente. «Decine di connazionali arrivavano a casa nostra – racconta, seduta insieme al marito sul grande divano nel salotto della loro bella casa – e a noi sembrava naturale ospitare queste persone, dando loro da mangiare e un tetto sotto cui dormire». In breve tempo, il passaparola dei profughi rende noti Mario ed Elisabetta che, oltre ad offrire “appoggio logistico”, danno il via ad una serie di importanti iniziative. «Dal 1960 – racconta la signora – io ed una mia amica abbiamo iniziato ad organizzare dei campi per boy scout al lago di Tenno. Ogni anno, 100-150 figli di profughi ungheresi arrivavano da ogni angolo del mondo». Lì, ragazzi e ragazze possono parlare la loro lingua, conoscere le tradizioni, gli usi e i costumi della loro terra natìa. Una volta all’anno, insomma, una sponda dell’azzurrissimo lago diventava magiara. Questi sono solo alcuni dei motivi per cui, ora, nel 45º anniversario della Rivoluzione del 1956, la Repubblica Ungherese ha deciso di tributare tutti gli onori a Mario e Elisabetta. «È stato incredibile – commentano con lo stupore di chi ritiene d’aver fatto solo il proprio dovere – a Roma c’era il presidente Ciampi e tutto il jet-set, con ambasciatori e alte personalità di ogni campo. Tutti a rendere omaggio a noi…»

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