Lo chiamano il cedro di Mussolini. Fu piantato in piazza Cassoni a Bezzecca, paese della Val di Ledro che si apre sopra da Riva del Garda, l’undici aprile 1932 in onore del fratello del duce, Arnaldo, prematuramente scomparso. Alcuni giorni fa il quotidiano «La Repubblica» nei paginoni dedicati al governo, segnalava in un articolo intitolato «Il cedro di Benito» che il circolo locale di Alleanza nazionale, «sta facendo il diavolo a quattro per evitare l’intervento della motosega. Il cedro fascista mostra tutti gli anni che ha e il sindaco ritiene di toglierlo di mezzo. Quelli di An, boia chi molla, si sono procurati una perizia che attesta la buona salute dell’albero di Mussolini: non va tagliato, va curato». E la loro tenacia ha avuto ragione: il cedro, malaticcio per un fulmine che lo ha sfiancato oltre venti anni fa, deve essere sistemato e non tolto di mezzo. Martedì scorso sul tavolo del sindaco Mauro Collotta, che con una giunta sostanzialmente di centro guida un paese che non racimola mille abitanti, è stata recapitata una perizia, la terza, che ha tagliato la testa al toro. Uno studio specialistico firmato da due esperti tedeschi, Erk Brudi e Valentin Lobis, ha sciolto la prognosi almeno fino al 2005, quando occorrerà un nuovo controllo. Le precedenti perizie davano esito alterno: negativa quella commissionata dal Comune e positiva quella fatta approntare dal circolo di An. La scienza non potrà essere né fascista e neppure antifascista e così la prognosi, frutto di analisi e tecniche innovative, è stata benevola. Per la felicità dei nostalgici di Benito la pianta rimarrà in piazza con tutti i suoi 24 metri di altezza. «Per l’84% il legno è sano, un 9% è cariato e il resto è alterato» recita il referto. Il sindaco Collotta spera a questo punto che i compagni di partito di Fini calmino gli ardori e non considerino un oltraggio alla storia le potature necessarie ai fini della sicurezza. Alcuni colpi di cesoia in alcuni precisi punti saranno sufficienti. Il primo cittadino si è detto contento del responso anche se non riteneva un insulto alla memoria sostituire una pianta malata e pericolosa per la caduta di rami con un nuovo cedro. Il valore simbolico non sarebbe stato intaccato. Non vuole in ogni modo sentir parlare di vittoria politica. Al presidente del circolo di An, Ferdinando Turrini, manda a dire: «Qui l’unico problema era la sicurezza delle case, tra cui bar, posta, biblioteca e asilo e la sicurezza delle persone». Che il disinteresse ideologico del primo cittadino fosse genuino è stato dimostrato dal suo atteggiamento perfettamente bipartisan: ha indirizzato lui l’inviato di «Sette», l’inserto del Corriere della sera, sulle tracce di Turrini. E il presidente del circolo ha ovviamente rivendicato il merito di aver salvato la «reliquia» storica. In paese, in ogni modo, tutta la vicenda è stata seguita con distacco e con una curiosità divertita: «L’albero non ha mai creato problemi semmai sono gli uomini che se li creano»: un commento che sintetizza alla perfezione lo stato d’animo. Il cedro della specie «deodara» faceva parte di tutti quelli messi a dimora per onorare la figura del fratello del Duce, morto nel ´31 all´età di 46 anni, che fu presidente del comitato nazionale forestale, scrittore e direttore del Popolo d´Italia
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Altri quattro anni di vita per il cedro di Mussolini
È malato e vogliono abbatterlo
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