giovedì, Maggio 2, 2024
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Il rito della «Stella» fa tappa all’osteria: melodie tradizionali e gnocchi di malga

E’ rinata la «caneva»

A Magasa è aperta una sola osteria, denominata «Dal Canevaro», antico nome popolare dell’oste, nella valle. La gestisce Ivan Mazza. Altri esercizi pubblici operano comunque a Cima Rest, a tre chilometri di distanza. Per il nuovo oste di Magasa, un immediato appuntamento di rilievo è fissato la sera di domani, 5 gennaio, quando la gente passerà portando la “Stella d’Oriente” per le strade del paese. Sono una trentina di persone, in un comune che conta meno di 200 abitanti, che cantano melodie tradizionali e vengono rifocillate nelle case. Al termine depositano la stella davanti alla chiesa e verranno all’osteria a mangiare i gnocchi della Palèta, cioè della malga. Tutti ingredienti nostrani: burro, panna, formaggio, latte, con l’aggiunta di farina. «Abbiamo aperto nell’ottobre 2001 – dice Mazza – e siamo contenti. Da noi vengono soprattutto compaesani e facciamo anche da mangiare su prenotazione. Nessun veglione a Capodanno, anzi, la sera precedente abbiamo chiuso presto perché tutti lo abbiamo passato in famiglia». Come dire che, a Magasa, dopo secoli, il significato dell’osteria continua ad essere lo stesso: un luogo d’incontro, di aggregazione, di vita. Subordinato solamente alla famiglia. Nel paese, infatti, l’osteria ha sempre rivestito «il ruolo di un servizio pubblico di primaria importanza, al punto da rispondere pienamente a tutte le esigenze della popolazione». Lo sostiene, al termine di una approfondita ricerca, Giampaolo Zeni, che ha messo a fuoco i secoli scorsi nel Comune di Magasa. Infatti, il ruolo dell’osteria (ma veniva chiamata anche caneva, hostaria o bettola) appare affatto secondario nel passato del paesino. Giampaolo Zeni, che ha di recente pubblicato un corposo intervento sulla rivista «Passatopresente» edita dal Gruppo storico culturale «Il Chiese» di Storo (Trento), sostiene che l’osteria, «oltre ad essere per i residenti un luogo di frequentazione, di aggregazione sociale, di svago, talvolta di trasgressione, poiché non di rado vi si praticavano giochi proibiti e, di tanto in tanto, ci scappava anche qualche bestemmia o rissa, era anche luogo di ricovero e di ristoro per gli occasionali forestieri di passaggio». Oltre a ciò, «svolgeva anche il compito di smercio e di conseguente controllo dei prezzi dei generi di prima necessità, come il pane e il vino, evitando così inutili ed onerose spese ai già poveri abitanti». Il pubblico esercizio – continua Zeni – era di proprietà del Comune, ma veniva condotto in affitto dall’oste, che prendeva il nome di canevaro. Nell’intero territorio comunale operava una sola «caneva», il che poteva garantire sicurezza a tutti: all’esercente e alla comunità. Che non mancassero i clienti e che gli affari procedessero al meglio venne accertato anche da una relazione del coadiutore del principe-vescovo di Trento che, nel 1750, affermò: «Gli adulti sono più amanti delle bettole che memori della loro eterna salute». Con il passare degli anni, le «caneve» aumentarono di numero: nel 1849 funzionavano due esercizi e, qualche decennio appresso, addirittura quattro, che occupavano undici esercenti. Poi iniziò il declino. «Nel secolo appena concluso si ricordano ancora la “Antica Trattoria alle Alpi” che chiuse i battenti subito dopo la fine della Prima guerra mondiale, nel 1919; l’osteria ubicata nella casa Gottardi in via XXIV Maggio, detta dei “Cus” dal soprannome della famiglia che la gestiva. Questo esercizio cessò l’attività nel 1933». Bisogna aggiungere un altro esercizio storico, il «Tombea», che ospitò personaggi di rilievo: dal patriota Cesare Battisti all’arciduca Eugenio d’Austria, dal geografo Ottone Brentari al linguista Carlo Battisti. Ma, nel 1999, anche il «Tombea» ha chiuso i battenti. Poi, nell’autunno 2001, a Magasa è tornato il «canevaro».

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