domenica, Settembre 24, 2023

Finalmente Desenzano

Solo mer­coledì 11 luglio 1945, dopo tre mesi di lim­bo fat­to di incertez­za e di ner­vo­sis­mo, essendo sta­to lib­er­a­to il loro Lager il 9 mag­gio, Francesco Zeni e i suoi com­pag­ni iniziano il viag­gio di ritorno ver­so l’Italia.

Da Tür­den, il paese sul Weser dove era­no rimasti per qua­si tut­ti i tre mesi, van­no ad Hal­men, la cit­tà prin­ci­pale del ter­ri­to­rio. Lì si trovano anco­ra 1000 ital­iani pron­ti a par­tire, benché nei giorni prece­den­ti altri grup­pi pri­gion­ieri ital­iani nel­la zona fos­sero sta­ti rim­pa­triati. Viene a tut­ti fat­to fare il bag­no e la dis­in­fes­tazione, poi è dis­tribui­ta a cias­cuno una bir­ra. Due giorni dopo in 600 sono spo­sta­ti a Braun­schweig, pas­san­do per Han­nover. Ovunque si vedono rovine e dis­truzione. Da Braun­schweig sono con­dot­ti di nuo­vo sul Weser, riper­cor­ren­do i luoghi del­la pri­gio­nia e del pri­mo eso­do. Arrivano a Old­en­dorf, pas­sano per Dort­mund “e in una pic­co­la stazione una polac­ca fa un abor­to”.

La domeni­ca sono a Kas­sel, come le altre cit­tà dev­as­ta­ta dai bom­bar­da­men­ti. I pic­coli cen­tri non mostra­no tan­ta rov­ina. Il lunedì tran­si­tano per Mim­berg, quin­di per Hanau e il loro treno pun­ta ver­so Norim­ber­ga. Durante ques­ta trat­ta fer­roviaria incro­ciano treni mer­ci, con vago­ni carichi anche di car­bone, su cui viag­giano tedeschi in abiti civili e qual­cuno con la divisa mil­itare aggrap­pati come pos­sono. Francesco e i com­pag­ni si devono fer­mare a Fürth, dove c’è già un con­voglio di ital­iani. Qui restano una notte e un giorno. Solo il giovedì mat­ti­na, dopo una set­ti­mana dall’inizio del loro viag­gio di ritorno, arrivano a Norim­ber­ga. Cam­bia la loco­mo­ti­va, ma si pro­cede sem­pre lenta­mente, per­ché altri treni sono in tran­si­to; li rag­giunge il con­voglio par­ti­to dopo di loro. Dopo km 20 dal­la cit­tà, il treno di Francesco viene fat­to fer­mare e una squadra di amer­i­cani pas­sa in rasseg­na tut­ti gli scom­par­ti­men­ti, per­ché si dice che sia sta­to ruba­to un bam­bi­no. Il ven­erdì Francesco e i suoi com­pag­ni si sveg­liano ad Augus­ta, tut­ti i pon­ti sul fiume sono imprat­i­ca­bili. Ripartono dopo un’ora con un treno elet­tri­co che va veloce, arrivano a Mona­co e ora pun­tano a Inns­bruck. Il treno si fer­ma a Mit­ten­vald, un paese di mon­tagna.

Altri ital­iani sal­go­no sul vagone di Francesco; for­mano così un grup­po di 35 ital­iani diret­ti al cen­tro di smis­ta­men­to di Verona. Il saba­to non viag­giano e si arrov­el­lano su quale sarà il loro des­ti­no. Solo la domeni­ca mat­ti­na, dopo il bag­no e la dis­in­fes­tazione, sono car­i­cati su camion che li con­ducono alla stazione. Per­cor­rono una stra­da piena di pre­cip­izi e alle 14 rag­giun­gono Inns­bruck, cit­tà aus­tri­a­ca cir­con­da­ta da alte mon­tagne.

Alle 17,30 sono al Bren­nero, qui devono di nuo­vo restare fer­mi per 5 ore. Il 23 luglio 1945, lunedì, in una gior­na­ta di sole, ci si mette in movi­men­to e Francesco anno­ta sull’ultimo dei fogli­et­ti su cui ha scrit­to gli appun­ti del­la lon­tanan­za da casa: “Come pri­ma roba una brut­ta [notizia], man­ca [è inter­rot­ta] tut­ta la lin­ea dal Bren­nero a Verona, tut­ta bom­bar­da­ta; si pros­egue. Ver­so le 3, 50 si rag­giunge Bolzano [vedi foto]. Ci fer­mi­amo un’ora. Ci dan­no da man­gia­re. Si riparte pian piano e si rag­giunge Pes­cant­i­na ver­so le 1. Lì tan­ti partono subito, per­ché han­no le mac­chine pronte. Noi si deve aspettare sino le 8 di sera, poi una colon­na di mac­chine tedesche ci por­tano alle nos­tre case. Arri­vo a Desen­zano ver­so le 10 assieme a tre ami­ci, Bra­vo e Benedet­ti. Si parte per casa e tro­vo a La Vic­i­na [zona com­pre­sa tra la stazione fer­roviaria e la casa di S’Angela Meri­ci-Le Grezze a Desen­zano] mio padre che parla­va con altre per­sone. Ci salu­ti­amo e si arri­va a casa, dove mia madre e sposa con figlio mi cor­rono incon­tro e, piangen­do di gioia, ci salu­ti­amo. Man­gio qualche cosa, fac­cio un bag­no e vado a dormire. Così, ringrazian­do Dio, sono tor­na­to e ho trova­to tut­ti i miei cari sani. Così è fini­ta la mia pri­gio­nia».

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