Lo scultore Francesco Messina (Linguaglossa 1900 – Milano 1995), artista italiano fra i più importanti e noti a livello internazionale, ebbe una grande predilezione per Gardone Riviera. Fu anche poeta e frequentò costantemente, dall’inizio degli anni Sessanta, la dimora estiva e lo studio nel Residence La Pineta in Via Roma 38. Raccontò alcuni episodi della vita in alcuni incontri alla fine degli anni Ottanta.Messina ricordò anche l’amicizia con Scheiwiller padre: fu lui a scoprirlo poeta e a pubblicare il suo primo libro di poesie. Ebbe assai caro un altro legame: l’amicizia con mons. Cesare Angelini consolidata anche attraverso le innumerevoli colazioni domenicali a Pavia, sempre raffinatissime. Evocò anche un altro poeta-sacerdote, Clemente Rebora, da lui molto stimato.ERA MOLTO LEGATO al Garda: la moglie morì all’ospedale di Salò, una perdita che segnò dolorosamente la sua vita. Gardone, infatti, era diventato dal 1962 il luogo del riposo. Fu a lungo ospite del Grand Hotel prima di acquistare l’appartamento luminoso alla residenza La Pineta. In paese aveva stretto anche alcune amicizie, fra le prime quella con Nino De Santi, fabbro di particolare sensibilità artistica al quale ricorreva per le armature in ferro delle sculture che modellava nella creta. In segno di gratitudine, nel luglio 1972, gli scrisse una calorosa dedica: «A Nino De Santi artigiano principe e amico affettuoso, Francesco Messina». Poi, quando il 23 gennaio 1983 De Santi cessò prematuramente di vivere a soli 57 anni, fu vicino alla famiglia e ai funerali inviò una corona di fiori con la scritta «Il caro amico Francesco Messina».NONOSTANTE gli acciacchi dell’età e il tormento dei dolori alle mani continuò a lavorare creando pure alcuni bozzetti (era un ottimo disegnatore). Due anni prima di morire realizzò proprio nello studio di Gardone Riviera i suoi ultimi tre capolavori: la «Fanciulla di Bressanone», una danzatrice e un cavallo. La sua «officina» si trovava nell’ampio interrato della residenza. L’enorme stanza era impreziosita da alcuni mobili antichi; vicino all’alta finestra, dalla quale pioveva un po’ di cielo azzurro, vi era un tavolo e alcuni trespoli .ALLA FINE DEGLI ANNI Ottanta Francesco Messina accolse con entusiasmo l’idea di un monumento a Gabriele d’Annunzio. Il cinquantenario della nascita del poeta del Vittoriale era stato celebrato in tono minore; Gardone gli aveva dedicato una manifestazione tanto roboante quanto effimera. Chi meglio di lui avrebbe potuto progettare un monumento al poeta da collocare nella piazzetta del lungolago? Il maestro si dimostrò interessato, anche se l’età non gli avrebbe consentito di realizzarlo. Lo avrebbe però progettato, affidandolo poi a uno dei suoi migliori allievi: Floriano Bodini; e sarebbe stata un’opera d’arte singolare e di grande rilievo creata da due importanti scultori: Messina e Bodini. Il progetto naufragò nell’impossibilità di reperire alcune centinaia di milioni che tuttavia non mancarono successivamente agli enti pubblici gardonesi per finanziare mostre e labili manifestazioni.POCHI ANNI DOPO la scomparsa fu venduto anche il suo studio. E gli eredi disattesero l’impegno verbale del maestro di donare a Gardone alcune sue opere a conferma dell’amore per il luminoso mondo gardesano che gli aveva ispirato alcune poesie pubblicate in volume nel 1973 da Mondadori. E Gardone? Nessuna targa ricorda la sua trentennale presenza; nessuna strada gli è stata dedicata.
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Lo scultore e poeta scomparso nel 1995 era molto legato al Benaco, dove passava i momenti di tranquillità e meditazione