È del 15 gennaio del 2001, e non di poco tempo fa come asserito da un gruppo di sub guidato da Massimiliano Canossa, la scoperta del relitto che giace sul fondale delle acque di località Val di Sogno: la precisazione arriva da Venezia, dalla Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto che sta già organizzando un’immersione con i carabinieri del nucleo sommozzatori di Trieste per andare a verificare cosa, eventualmente, sia stato portato via da allora sino ad oggi. «Il ritrovamento», spiega Luigi Fozzati, direttore Nausicaa (Nucleo archeologia umida subacquea Italia Centrale Alto Adriatico) della stessa Soprintendenza «risale a quasi quattro anni fa; lo si deve a tre subacquei trentini, Reinchart Ausserer, Marco Nicoletti e Davide Palo, che ne diedero immediatamente notizia ai nostri uffici, come per altro previsto dalla legge». Il ritrovamento è diventato oggetto di una relazione, curata da Massimo Capelli, e presentata tra gli atti ufficiali del secondo convegno di nazionale di Archeologia subacquea tenutosi a Castiglioncello nel settembre del 2001. Inoltre il relitto è stato descritto su «Mondo Sommerso» nel luglio 2003 all’interno di un ampio servizio dedicato al lago di Garda a firma di Luigi Fabbri e, nello stesso anno su «Sub», un altro giornale di settore «Dopo gli accertamenti di prassi, la Soprintendenza ha richiesto l’emissione di un’ordinanza di divieto di immersione e ogni altra attività che potesse danneggiare il relitto e il sito in cui si trova: è una procedura standard in casi di ritrovamenti di questa portata. L’ordinanza è stata eseguita regolarmente, e da allora nessuno può scendere in quelle acque, a meno che non sia stato munito di regolare autorizzazione», precisa Fozzati. Tra questi vi è anche Reinchart Ausserer, uno dei tre autori del ritrovamento che annuncia che già domani scenderà di nuovo sui fondali della Val di Sogno anche lui per verificare lo stato attuale dello scafo. «Dalle immagini che ho visto sui giornali mi pare proprio che manchino alcuni fascioni», dice, «ma comunque si vedrà: basterà confrontare le immagini di oggi con quelle che avevamo scattate allora. E come sempre dopo le immersioni, preparerò una relazione scritta per la Soprintendenza». Ausserer ricorda il giorno del ritrovamento. «Dovevamo andare a Torri, ma pioveva e così abbiamo cambiato idea e ci siamo immersi a Malcesine. Questa enorme poppa ci è comparsa davanti all’improvviso, una poppa piena di materiali: abbiamo pensato tutti e tre alla galea veneziana di cui tanto si parla; è stato talmente straordinario e sorprendente che ci siamo, per così dire, persi nell’immersione e abbiamo dovuto saltare minuti di decompressione per risalire in fretta. Tanto che, una volta riemersi, abbiamo fatto alcune ore di ossigeno e fortunatamente non è successo niente». Dello scafo Ausserer dice che si è spezzato in un punto diverso da dove si trova, seminando il suo carico lungo una scia lunga diversi metri. Le indagini che saranno effettuate dallo stesso subacqueo trentino e dalla Soprintendenza chiariranno se e quanto sia stato portato via in questi anni dal sito e dal relitto. «Si tratta di una vicenda dalla quale sarebbe auspicabile venissero tratti alcuni insegnamenti: innanzitutto che la collaborazione tra subacquei privati e Stato nella veste della Soprintendenza, è fattibilissima», precisa Fozzati, «e, anzi, dovrebbe essere perseguita da tutti; siamo lieti, dunque, che venga giustamente attribuita la paternità di questo ritrovamento». «Inoltre va ribadito che un relitto non è oggetto di predazione: nessuno può garantire un controllo ventiquattro ore al giorno di ogni metro di costa italiana; tutto sta nella correttezza e nel senso di rispetto delle norme di ognuno di noi e il nostro auspicio è che quanto accaduto», conclude Fozzati, «serva da stimolo per un corretto rapporto tra i subacquei e le istituzioni».
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Il ritrovamento della Val di Sogno oggetto di una relazione presentata a un convegno nazionale di archeologia Era stato individuato da tre subacquei trentini