lunedì, Dicembre 9, 2024
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Dopo il convegno si moltiplicano gli interventi sulle ricerche da svolgere

Studi sulla Repubblica sociale Parlano Veneziani e Chiarini

Sul convegno relativo alla Repubblica sociale italiana di Benito Mussolini svoltosi nei giorni scorso a Salò ha dato una serie di indicazioni anche Marcello Veneziani, consigliere di amministrazione della Rai, esponente del centrodestra. In una lettera pervenuta agli organizzatori del dibattito, Veneziani ha indicato le quattro linee essenziali delle ricerche da condurre. «La prima è riconoscere la funzione storica della Rsi – scrive Veneziani – che non può ridursi a puro fantoccio della Germania nazista. Ma, come dimostrato recentemente, servì anche ad alleggerire la pressione e l’egemonia tedesche sul Nord Italia, evitando di lasciare il campo al dominio assoluto e alle devastazioni dell’ex alleato. Ciò non impedì scempi e odiose dominazioni, favorendo l’intrecciarsi di una spirale di vendette e ritorsioni incrociate. Ma per certi versi la Repubblica di Salò fu inevitabile». «La seconda è che non si trattò di un fantasma istituzionale e di un paravento per una scelta militante. Lo dimostra la recente pubblicazione dei verbali dei consigli dei ministri, curati dall’Archivio centrale dello stato. In quegli atti c’è la dimostrazione di un’intensa attività legislativa e civile, con interventi sul piano sociale, scolastico, sanitario, ecc». «Il terzo punto – prosegue – concerne la necessaria distinzione tra coloro che aderirono alla Rsi con una motivazione politica e ideologica forte, nel nome del fascismo, della rivoluzione incompiuta e della fedeltà a Mussolini; e coloro che vi militarono nel nome della continuità delle istituzioni o del puro servizio alla patria. In molti casi confini labili e, a volte, occasionali, come all’inizio fu sottile il bivio tra quanti scelsero la via della guerra partigiana e coloro che entrarono nella Rsi. La ricerca deve infine riaprire il capitolo tremendo degli orrori compiuti in nome del fascismo e dell’antifascismo, per vendetta o tradimento. Se una parte dei militanti combatteva consapevolmente e con piena convinzione nel nome di una dittatura e di una alleanza infame, anche una parte di aderenti alle brigate partigiane lottava per Stalin e per una dittatura comunista da instaurare in Italia. Le pagine recenti di un giornalista come Giampaolo Pansa sono state un grande segnale di svolta nella divulgazione storica, anche se molti degli eventi da lui narrati erano già noti a pochi o nella memoria rimossa di tanti». Veneziani sottolinea che il periodo tra il settembre ’43 e l’aprile ’45 «è stato vissuto per troppo tempo nello spirito delle appartenenze e delle militanze. Finalmente è possibile ragionare senza che l’analisi sfoci nelle propagande e nelle strumentalizzazioni dei sentimenti e delle testimonianze. E che l’iniziativa nasca a Salò mi sembra un giusto punto di avvio. La maturità dei tempi coincide con la pertinenza del luogo. Un esercizio geo-storico, in cui assume importanza il genius loci». Il presidente del Centro studi e documentazione, Roberto Chiarini, docente universitario, ha invece rivolto un appello di carattere finanziario. «La Regione Lombardia – ha ricordato Chiarini – ha acquistato gli archivi Susmel e Graziani che, dopo la catalogazione, sono ora a disposizione degli studiosi, nella sede di via Fantoni, ex Sala del Caminetto. Il nostro obiettivo è di creare una videoteca, e di reperire e valorizzare il patrimonio di documenti. Abbiamo grandi slanci, ma siamo nudi alla partenza. Occorrono mezzi. Perciò faccio un appello alle istituzioni e ai privati». «Noi non siamo una ridotta di nostalgici nè un cenacolo di arditi. Non vogliamo fare da sponda a operazioni di partito o di correnti. La Rsi è una pagina di storia che ha prodotto molti libri e fa grandi audience. Non possiamo fingere che non esista e non ci riguardi. Il fascismo è l’autobiografia della nazione».

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