Per lui il museo è croce e delizia. Motivo di soddisfazione, perché ha la consapevolezza di aver raccolto e salvato almeno una parte degli oggetti che hanno formato la cultura materiale del paese. Sofferenza, perché il museo del lago continua ad esistere solo sulla carta e negli scatoloni. Stiamo parlando di Luigi Bertamè e del suo museo del lago. L’unico museo in scatola del mondo. Nel senso che non ha una sede fissa e dunque i reperti sono raccolti in casse. Da qualche tempo, non ha nemmeno più il domicilio provvisorio assegnatogli una ventina d’anni fa: il condominio di cui occupava il seminterrato, sulla strada verso San Vigilio, gli ha dato lo sfratto. Così adesso gli oggetti raccolti in anni ed anni di ricerca sono accatastati nell’edificio dell’ex cinema parrocchiale. «Del problema del museo del lago», assicura il sindaco Davide Bendinelli, «ci stiamo occupando. Per il momento non abbiamo potuto far altro che trovare questa soluzione d’emergenza, che consentisse quanto meno di ospitare gli oggetti raccolti da Bertamè. Una soluzione la potremo trovare al termine dei lavori di riassetto degli edifici comunali che abbiamo intrapreso, quando si verranno a creare nuovi spazi da destinare anche alle attività culturali». «Dopo 37 anni dall’avvio dell’idea di creare un museo del lago a Garda», racconta il protagonsita di quest’avventurosa iniziativa, Luigi Bertamè, ex insegnante, «siamo ancora a un punto fermo. Dopo lo sfratto, il sindaco Bendinelli si è gentilmente prodigato per mettere a disposizione gli autocarri e gli operai del Comune, in modo da poter provvedere al trasloco, e per trovare un ricovero ai reperti. Oggi gli oggetti sono accatastati nell’ex cinema parrocchiale, ma se in questa maniera sono stati messi in salvo, continuano purtroppo ad essere privi di una destinazione espositiva. Quanto meno, dov’erano prima una parte era visibile a chi telefonasse per prendere un appuntamento. Adesso neanche il più volonteroso studente sarebbe in grado di vedere nulla». Quello ricevuto nei mesi scorsi non è del resto neppure il primo sfratto patito dal museo del lago nella sua lunga e tribolata gestazione. Il primo lo aveva ricevuto un paio di decenni orsono dalle scuole elementari, dov’era raccolto il materiale. «Fortunatamente, allora venne trovata la soluzione del seminterrato di un condominio», ricorda Bertamè. Scaduta però la convenzione col Comune ed anche la proroga concessa, i proprietari hanno voluto indietro i loro locali. Ed oggi scatole e scatoloni con dentro ami, attrezzi e reti da pesca riposano al cinema. Insieme con gli oggetti più voluminosi e certamente importanti: la lanterna e la banderuola del vecchio Pal del Vò, ad esempio, divelto anni fa da un motoscafo impazzito, o un’autentica gondola piana incatramata, una di quelle utilizzate nei secoli dai pescatori di Garda nelle loro lunghe, faticose peregrinazioni sul lago alla ricerca dei branchi di sardelle. Ricordi di un passato che sembra lontanissimo.